Sono passati ormai trentanni da quando Margaret Thatcher proclamò la fine della società e il trionfo dell’individualismo e del mercato. Se allo Stato restava una funzione era quella di liberare il mercato dai lacci che ne frenavano e ne complicavano le dinamiche. Il welfare, i diritti civile e sociali, le organizzazioni dei lavoratori. O per lo meno di ridurli al minimo. Alle compatibilità con le leggi del mercato, assunte come una legge di natura.
Un compito portato avanti alla grande, da lei e da quelli che sono venuti dopo, di destra e di sinistra. Anche di sinistra, perché la politica tutta ha cambiato natura. I partiti sono stati sempre meno sede dell’unirsi di valori e di interessi, e che a quei valori e a quegli interessi rispondevano con le loro proposte e la loro azione, e sempre più macchine per organizzare un consenso indifferenziato, radicati nelle Istituzioni più che nei luoghi della vita e del lavoro, sempre più simili nei valori di fondo e nell’accettazione delle “necessità” dell’economia. Rivali casomai nel dimostrare minore o maggiore efficienza nell’adattare la vita pubblica a quelle necessità, più o meno abili nell’acquisire il consenso ai cambiamenti che l’economia globalizzata rendeva necessari.

Anche loro hanno progressivamente sostituito il “capitale umano” – la militanza, il confronto continuo coi propri iscritti e i propri elettori – col capitale finanziario – le risorse private e pubbliche per parlare agli individui attraverso i media, per vendere al meglio il proprio prodotto. In una competizione sempre più concentrata sui mezzi e sempre meno sui fini. Anche loro come l’economia finanziarizzata hanno ristretto i tempi di realizzo dei propri investimenti, hanno schiacciato sui tempi brevissimi il senso delle loro proposte.
Nasce così nella maggior parte dei paesi europei un bipolarismo consociato, capace di passare senza traumi dall’alternanza alle grandi coalizioni, ma incapace di proporre alternative al paradigma dominante. Il sogno, depurato dall’anomalia Berlusconi, dei moderati italiani di entrambe le parti.

È andata in gran parte così. Non completamente però. Perché le donne e gli uomini non sono quell’astrazione dominata dall’interesse privato e dall’utile. Perché la vita è anche tante altre cose. Perché senza solidarietà, senza un po’ di altruismo e di gratuità, niente sta in piedi e funziona. E perché il futuro è entrato nelle nostre vite, coi cambiamenti del clima, col ribellarsi della natura alle violenze inflitte da una crescita dissennata. Col mondo che ci è entrato in casa non solo coi listini delle borse, ma anche con le facce e i volti degli uomini, delle donne, dei bambini in fuga dall’oppressione e dalla fame.

Il valore di essere insieme

Ed è successo così che a partire dalla loro umanità negata, subordinata alla ferree leggi dell’economia, uomini e donne hanno cominciato a riscoprire il valore di essere insieme, su cose piccole e su cose grandi. La lotta per la dignità del proprio lavoro, il riconoscimento della proprie diversità, la difesa degli spazi della cultura e della vita contro lo scempio del patrimonio culturale e del paesaggio. O più semplicemente per camminare insieme e insieme riscoprire la bicicletta nelle città infestate dai gas dei scarico, o per rifare buona agricoltura o per acquistare quei prodotti a un Km. il più vicino possibile allo zero, sottraendosi all’intermediazione e all’adulterazione di quel che mangiamo.

In maniera magari frammentaria, ma quei frammenti dimostravano vista più lunga di quelli che si pensavano come il tutto. Sabato 12 ottobre sarà un giorno importante perché quei frammenti hanno trovato un punto in comune. Un progetto che tutti li può contenere. Molti ce l’avevano in casa da chissà quanto tempo, senza farci molta attenzione. L’avevano magari portato a casa i ragazzi da scuola. Poi hanno scoperto che lì c’erano le ragioni che tengono insieme le loro diversità, i diritti civili e i diritti sociali, la scuola e il lavoro, di tutti e per tutti, la libertà e l’uguaglianza. La nostra Costituzione. Quella del 25 aprile e del 2 giugno, che ridiventa il libro di tutti i giorni. Non solo da difendere, anche perché da sempre chi la stravolge si proclama suo difensore. Ma da praticare, e da esigere che sia praticata.

Non ci saranno sabato i partiti. Ma ci saranno tanti iscritti ai partiti che nel sociale hanno ritrovato impegno e dignità della politica, e quanti a sinistra hanno capito che nel mondo degli individui massificati vince sempre la destra, che non si cambia la politica e il mondo senza quelli che la società sono impegnati a rifarla.
E ci sarà il nostro compagno Andrea Gallo. Perché la più grande manifestazione politica che ho visto negli ultimi tempi sono stati i suoi funerali, coi portuali, i metalmeccanici, i gay e i transgenders che sfilavano insieme per ringraziarlo di quello che lui aveva fatto per tenerli insieme. Con la Costituzione in mano, come il quinto Vangelo.