La memorialistica, la biografia, l’indagine giornalistica, sono indubbiamente i generi letterari dominanti oggi in Russia per il loro sforzo di legare la storia e la letteratura al destino personale del singolo in modo indissolubile. Il romanzo russo del nuovo millennio esplora varie strategie, si fonda su fatti realmente accaduti, testimonia gli avvenimenti, come è il caso delle opere di Svetlana Aleksievic, Premio Nobel per la letteratura nel 2015, che non si lascia ingannare dall’ideologia, dal patriottismo malamente inteso, e presta ascolto a tante voci solitarie, come la scrittrice ha ribadito nel discorso di accettazione del premio Nobel. Analogo è il compito che si è posta Anna Politkovskaja, che ha coraggiosamente denunciato il potere di Putin e le sue responsabilità nei crimini perpetrati in Cecenia, pagando il suo coraggio con la morte.
A lei è dedicato il libro di Zoja Svetova, Gli innocenti saranno colpevoli. Appunti di un’idealista (Castelvecchi, pp. 272, euro 22, a cura di V. Massimiani), che – pubblicato a Mosca nel 2011 e in Francia nel 2012 – approda ora in Italia.

Giornalista, attiva nella difesa dei diritti umani, l’autrice – che sarà presente a Roma, oggi all’Auditorium, per la rassegna Libri Come – si batte contro l’ingiustizia in tutte le sue forme, seguendo l’esempio dei genitori, due dissidenti che, al fianco di Andrej Sacharov, avevano lottato e pagato duramente per l’instaurazione in Russia di un sistema democratico. La svolta instaurata da Gorbacev nel 1987 incontra, secondo Svetova, una pericolosa battuta di arresto nel 2000, l’anno della salita al potere di Vladimir Putin, quando la Russia, almeno per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia, torna indietro all’epoca sovietica.

Diviso in due parti, il libro ricostruisce i continui abusi perpetrati contro vittime innocenti, attraverso i casi particolari di un ricercatore, Igor Sutjagin, e di una studentessa cecena, Zara Murtazalieva, che stritolati da un ingranaggio ingiusto, sono costretti, dopo lunghi anni di carcerazione, a trovare riparo all’estero. Entrambi sono riusciti a salvarsi, ma altri, nota Svetova, non sono sopravvissuti.
Utilizzando una modalità a metà fra la narrazione e l’informazione (i nomi dei protagonisti sono alterati ma i fatti sono realmente accaduti), l’autrice consente di comprendere la tragica attualità di un meccanismo di repressione che si abbatte incondizionatamente sulle persone. Le storie di Igor e di Zara «sono tipiche e chiunque potrebbe trovarsi al loro posto», afferma Svetova nella prefazione all’edizione italiana. La scrittura come testimonianza rende visibile ai nostri occhi una storia collettiva che ci lascia attoniti, usando il tribunale come un mezzo per reprimere il dissenso, per calpestare i più elementari diritti umani.