L’auto della polizia frena bruscamente sull’orlo del marciapiede. «Cosa state facendo qui?» chiedono con asprezza i due poliziotti che ne escono (uno nero uno bianco) a un gruppo di ragazzi afroamericani impegnati a chiacchierare tra di loro. Nel giro di pochi secondi, in mezzo a uno scambio d’insulti, i ragazzi giacciono pancia a terra, le mani dietro alla schiena, le ginocchia degli agenti che premono sui reni di chi ha osato fare resistenza. Un signore bianco cerca di intervenire, ma viene spintonato con violenza. Arrivano altre auto della polizia. Continuano a volare gli insulti. Non è l’ultimo viral video da Ferguson, ma una scena del passato, in un grosso film hollywoodiano dell’estate.
Intitolato come il primo successo del gruppo di cui racconta la storia, N.W.A (un’abbreviazione di Niggaz with Attitude), Straight Outta Compton, è un classico biopic musicale (ragazzi poveri che diventano famosi e ricchi dal nulla, manager traditori, cascate di donne, fiumi di droga, le lotte interne tra amici d’infanzia che spaccano la band…). È anche l’istantanea di un momento incredibilmente creativo della black art, caratterizzato da una frontalità anti-establishment che oggi non passerebbe mai. È, infine, la messa a confronto tra i conflitti razziali di adesso e quelli di venticinque anni fa.

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Tra quegli anni e oggi, come suggeriscono la scena di sopra e altre nel film, ci sono cose che non sono cambiate. Ma non è questa deprimente verifica che rende così interessante Straight Outta Compton. E nemmeno l’annuncio che la Universal, che lo produce, ha offerto extra security a chi la richiedesse tra le sale che lo programmano -2.751 in USA e Canada, a partire da ieri. Le preview effettuate in qualche cinema già giovedi notte hanno venduto circa 5 milioni di biglietti (allo spettacolo delle 20, in un posto di mare vicino a NY, c’era un pubblico folto, in prevalenza bianco di adulti di tutte le età). Il box office previsto per l’intero week end dovrebbe raggiungere i 40 milioni di dollari.
Diretto da Gary Gray (afroamericano di NY e autore sottovalutato di Set It Off , The Negotiator e del remake di Colpo all’italiana uscito qualche anno fa) e prodotto tra gli altri dai rapper Ice Cube e Dr.Dre, co-fondatori di W.N.A., il film inizia nel 1986, nel sobborgo losangelino di Compton, con quella che si potrebbe descrivere come una scena di guerra.

Il futuro leader di N.W.A, Eazy E. (Jason Mitchell) entra in una casa fatiscente per un affare di droga. Dentro una galleria di neri minacciosi, alti tre volte lui, cani che ringhiano, donne mezze nude armate di mitragliette. Un inferno noir/pulp, «fatto», minacciosissimo, nella luce malata di Matthew Libatique (abituale dp di Aronofsky e spesso anche con Spike Lee). Eazy ha una faccia tosta pazzesca e sa bleffare con arte, ma sembra un moscerino di fronte a dei T Rex.

Le cose per lui stanno volgendo al peggio quando scoppia il caos, spari, sangue e urla da tutte le parti, le pareti della casa dilaniate da un carroarmato della polizia. Eazy se la cava miracolosamente scappando sui tetti – emozionante metafora visiva dell’altrettanto miracolosa «fuga» con cui lui, Dr. Dre, Ice-Cube, MC Ren e DJ Yella sfuggiranno al ghetto di Compton. Come il recente film sui Beach Boys, Love & Mercy, i fatti del racconto sono presentati avvolti di un’aura già mitica.

L’esplosione del gangster rap – dai ghetti ai vertici delle hit parade è tratteggiata con sicurezza, humor, gusto per l’azione e per gli sfarzi, pericolosi ed esagerati, della blaxploitation. Gray aveva già lavorato con Ice Cube nella popolarissima commedia Friday. E si sente che i due sono molto in sintonia. Il film pulsa di vita interna, le musiche bellissime. Tra i suoi momenti più alti la ricostruzione di un famosissimo concerto di Detroit, finito male, dopo che, ignorando gli ordini delle forze dell’ordine locale, i N.W.A. eseguirono (con eurofica approvazione del pubblico che cantava con loro) la canzone per cui finirono nel mirino dell’FBI e restano oggi più famosi: Fuck Tha Police.

Insieme a N.W.A. vediamo squarci di altri grandi protagonisti delle scena rap della West Coast al momento della sua nascita–il sadico, grassissimo, cofondatore della Death Row Records Suge Knight, Tupac Shakur, Snoopy Dogg….- e poi l’inizio delle guerre tra artisti che finiranno nel sangue. La corsa verso etichette discografiche sempre più grosse, come Interscope…

O’Shea Jackson Jr., nella vita il figlio di Ice Cube a cui assomiglia moltissimo, interpreta suo padre con piglio e ironia, fino al minaccioso inarcarsi delle sopracciglia. Anche gli altri giovani attori-Corey Hawkins (Dr. Dre), Jason Michell (Eazy-E), Nei Brown (DJ Yella) e Aldis Hodge (MC Ren) funzionano benissimo. Paul Giamatti, con parrucca biancastra, è il manager Jerry Heller. Straight Outta Compton, che esce nel cinquantesimo anniversario delle rivolte di Watts, si chiude con quelle scoppiate dopo il pestaggio di Rodney King.