Come scrive Eduardo Galeano, «qué tal si deliramos por un ratito?», e allora proviamo a immaginare il presidente della Repubblica.
Immagino una persona degna, che vanti una storia personale «di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione»; una persona che garantisca quell’imparzialità nel nome della Costituzione che rende il ruolo «incompatibile con qualsiasi altra carica».
Immagino un presidente che «rappresenta l’unità nazionale», che sia garante del pluralismo e della rappresentanza dei conflitti che attraversano la società, dell’espressione delle diverse visioni del mondo, della voce delle minoranze.

Immagino un presidente che non esprima un suo indirizzo politico e non sia allineato su quello della maggioranza, ma sia il custode della Costituzione, attraverso un’azione di impulso e di controllo nel suo nome.
Immagino un presidente che garantisca che forze politiche e alternative possano trovare nel parlamento un luogo di discussione, una discussione nella quale si sviluppi una decisione politica ragionata e consapevole.
Immagino un presidente che senta forte il senso del limite insito nel costituzionalismo, che si adoperi per tutelare la limitazione, la separazione e l’equilibrio fra i poteri (ad esempio quando «emana i decreti aventi valore di legge», emblematici del rapporto fra parlamento e governo).

Immagino un Presidente che nel vigilare sulla Costituzione sia consapevole che essa mette al centro la dignità della persona e assume un progetto di emancipazione, personale e sociale.
Immagino un presidente che stimoli la costruzione di una Repubblica «fondata sul lavoro», di una società che garantisca l’«effettiva partecipazione» di tutti e il «pieno sviluppo» di ciascuno.
Immagino un Presidente che ragioni di liberazione oltre che di libertà, consideri come la libertà non possa essere disgiunta dall’eguaglianza; un Presidente che sia resistente e non resiliente.

Immagino un Presidente conscio del legame fra giustizia sociale e ambientale, dei limiti di un’iniziativa economica privata che «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
Immagino un presidente che rappresenti la nazione nel contesto di «un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni» e una nazione che riconosca il «diritto d’asilo nel territorio della Repubblica» a tutti coloro ai quali sia impedito «l’effettivo esercizio delle libertà democratiche».
È un delirio o è la voce della Costituzione? Insieme al presidente nel delirio è comparsa una Repubblica, una Repubblica che non c’è. Manca il terreno, mancano forze politiche che vogliano e sappiano rendere un programma concreto la Costituzione, e vi sono invece forze politiche che la Costituzione mirano a stravolgere e hanno stravolto, sostituendo la centralità del parlamento con un processo di presidenzializzazione della politica e di verticalizzazione del potere sempre più spinto.

Il delirio tuttavia non è un delirio senza speranza: è una utopia concreta, è possibile, e allora «agitiamoci» per questa possibilità.
Il presidente della Repubblica ha un ruolo di garanzia, un compito che, nell’interregno delle istituzioni e della politica che stiamo vivendo, assume una particolare pregnanza: occorre, dunque, una figura che sia all’altezza del compito e che non conduca la forma di governo verso un – illegittimo – semipresidenzialismo di fatto.
Ripetiamolo, ancora; consapevoli delle miserie che ci circondano, non lasciamo che divengano norma.