L’ennesima inchiesta che parla di caporalato, ancor più grave perché vede coinvolta la moglie di un prefetto nonché capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione al Ministero dell’Interno.

«Ancora una volta una storia di reclutamento illecito dei lavoratori attraverso l’utilizzo spregiudicato di caporali da parte dell’aziende agricole. Nulla di nuovo sotto il sole – commenta amaro il segretario generale della Flai Cgil di Foggia Davide Iacovelli -. Ma questa è l’ennesima dimostrazione di come i Centri per l’impiego non funzionino affatto e se ciò accade è anche e soprattutto colpa della politica, con i ghetti che diventano il luogo dell’incontro tra domanda e offerta».
Eppure esiste una legge, la 199/2016 voluta con forza anche dai sindacati, che sembra non funzionare ancora appieno. «Questo accade – commenta Iacovelli – perché di quel provvedimento viene percepito dalle aziende soltanto la parte punitiva e repressiva, quella legata ai controlli da parte delle forze dell’ordine. Ma la parte preventiva è ancora lungi dall’essere applicata».

Senza contare il dramma dei ghetti. «Oramai la definirei una normalità assurda. Le strutture sin qui costruite non bastano assolutamente ad occupare le migliaia di braccianti presenti in provincia di Foggia. Non basta abbattere e costruire alloggi se poi manca il controllo: lo Stato e la politica non considerano i sindacati e le associazioni impegnate sul campo come intermediari di questo processo, ma solo come controllori finali, ma così il problema non si risolverà mai. I ghetti sono parte integrante di un territorio che continua in modo ipocrita a nascondere una verità fatta di migliaia di persone che vivono in condizioni drammatiche, sottopagati e sfruttati. Nessuno deve essere sgomberato e nessuno deve essere lasciato solo».