Destra o sinistra per i Cinque stelle romani pari sono. Per l’outsider Alfio Marchini no.

Certo vende cara la pelle, l’imprenditore che in soli tre mesi di campagna elettorale ha portato a casa lo «straordinario risultato» di oltre 114 mila preferenze personali (il 9,49%), attestandosi al quarto posto nella corsa a sindaco di Roma. E in vista del ballottaggio del 9 e 10 giugno, prima di esplicitare l’eventuale apparentamento il cui termine ultimo di presentazione formale scade dopodomani alle 14, pone le sue condizioni programmatiche con una proposta in 12 punti «espressione delle indicazioni dei nostri elettori».

Ma Marchini si è preso 48 ore di tempo per fare bene i conti e cercare di capire da quale parte politica provengano quei 35 mila e passa voti in più che ha incassato rispetto alle liste che lo sostenevano (che si sono fermate a 79 mila voti, il 7,81%). E alla fine ha capito che proprio equidistante tra i due schieramenti non può essere: «Fin dal primo momento avevamo denunciato l’esigenza di una discontinuità forte rispetto all’esperienza deludente di Alemanno – ha detto ieri in conferenza stampa – Prendo atto della sua recente autocritica, ma mi sembra difficile che il sindaco uscente possa dare ora discontinuità alla sua azione».

Alemanno però non demorde e pochi minuti dopo fa già sapere che rivendica «quanto abbiamo fatto» ma «stiamo lavorando per la discontinuità».

Battuta facile per Ignazio Marino, il più votato tra i candidati, che sul «voltare pagina» ha centrato la sua campagna elettorale: «Anche il sindaco Gianni Alemanno vuole discontinuità? Io non so se potrò contare anche sul suo voto». «Assolutamente d’accordo con Marchini», l’ex senatore dem chiama a raccolta «tutte le forze che vogliono discontinuità» a «lavorare per liberare Roma».

Arfio per i romani, un nome che il costruttore Marchini ha ben accettato, non ha alcuna intenzione di rinunciare proprio ora a quel progetto politico sul quale ha investito anche parte del patrimonio personale e perciò ha deciso di «ribaltare lo schema» e insistere su quello slogan che gli ha fruttato il discreto risultato: «Proprio perché abbiamo vinto il consociativismo non dobbiamo minimamente prestarci al cerimoniale antico di incontri riservati e spartitori». Al di là «di eventuali e ancora non pervenute proposte», non c’è alcuna disponibilità da parte sua «a partecipare a responsabilità, a ruoli, né a incarichi: mi concentrerò solo a far crescere il movimento».

E visto che il suo «non è un voto di protesta ma di proposta», Marchini elenca i 12 punti sui quali «vedremo chi risponde e come risponde».

«Quartiere, cultura, rete, terra e soprattutto mettere a sistema tutte le potenzialità di Roma», è la chiave «per uscire dalla crisi» secondo l’imprenditore che delinea un programma non dissimile a quello del candidato Marino.

Al primo posto c’è «una grande manutenzione ordinaria e straordinaria di Roma, per recuperare l’evidente degrado e per rimettere in moto immediatamente l’economia». Subito dopo bisogna «chiedere al governo di congelare, a fronte di adeguate garanzie, per un biennio i 200 milioni di euro che il comune rimborsa allo Stato ogni anno».

Il terzo punto è la «costituzione di un’Authority che dipenda dal Consiglio comunale con la finalità di vigilare su ambiente, paesaggio, beni culturali e agricoltura». Molto importante è la banda larga: «Nel Lazio la contribuzione al Pil è pari solo all’1,9% e, malgrado ciò, il Web ha creato 1,8 posti in più per ogni posto di lavoro perso negli ultimi anni». L’obiettivo è allora «raddoppiare la contribuzione al Pil passando al 4%, come in Francia, ad esempio».

Marchini parla poi di «sussidiarietà orizzontale» e del «fondamentale coinvolgimento dei privati organizzati in cooperative, consorzi e quant’altro» per «un modello di governo basato sui quartieri». Una città ripartita in 112 zone, ciascuna delle quali eleggerà due rappresentanti «portavoce». E in ogni quartiere deve nascere «un centro di produzione culturale a tema» e «un centro sportivo», «utilizzando le strutture già esistenti, a partire delle scuole».

E ancora: «Lotta radicale all’abusivismo», «un bureau del turismo per vendere il prodotto Roma nel mondo», e «un Fondo “blindato” per le disabilità e le fragilità sociali». Perché, dice, «preferisco essere inadempiente nei confronti dello Stato piuttosto che esserlo verso un cittadino che vive segregato in casa».

Ultimo punto, «la sicurezza, che non è la priorità»: «Più vigili in strada ma soprattutto prevenzione, perché non ha alcun senso sgomberare un campo che poi mi ritrovo da un’altra parte; e lotta al degrado, che è l’unico problema da affrontare con tolleranza zero».