I lavori dell’alta velocità ferroviaria non sono in corso soltanto tra Torino e Lione e tra Liguria e Piemonte. Tra i nodi che il nuovo ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli dovrà sciogliere, perciò, non ci sono solo la Val di Susa o il Terzo Valico, ma anche il completamento della linea alta velocità tra Milano e Venezia, e in particolare sulla tratta Brescia-Verona, un intervento dal costo complessivo di quasi quattro miliardi di euro, secondo i dati del ministero delle Infrastrutture.

Il 23 maggio scorso, Lega e M5s hanno ricevuto un messaggio in bottiglia, recapitato da Londra: «Non è troppo tardi per ripensare la Tav nel Basso Garda». La bottiglia è senz’altro di vino, perché la richiesta arriva dal Consorzio Tutela del vino Lugana Doc, che l’ha lanciato a margine della London Wine Fair, fiera riservata agli operatori del settore e considerata tra le più importanti al mondo.
Lugana è infatti sinonimo nel mondo di Basso Garda, cinque Comuni a cavallo tra le province di Brescia e Verona, tra Lombardia e Veneto, in cui si produce questo vino bianco, che è la prima denominazione d’origine riconosciuta in Lombardia, nel 1967, più di cinquant’anni fa. «La zona di produzione della Doc ha la forma di un cucchiaio» racconta Carlo Veronese, direttore del Consorzio. Un cucchiaio largo appena 11 chilometri, una zona pianeggiante, in alcuni punti addirittura più bassa del lago, che interessa il territorio di Desenzano, Lonato del Garda, Pozzolengo, Sirmione e Peschiera del Garda. «Chi frequenta l’A4 può immaginare che il casello di Desenzano, ad Ovest, è fuori dalla zona di produzione. Quello di Sirmione è al centro. Quello di Peschiera, ad Est, è fuori», riassume Luca Formentini, che è produttore di Lugana e presidente del Consorzio.

Alla London Wine Fair di maggio si era tenuta una masterclass dedicata al Lugana. L’evento promosso dal Consorzio è stato un successo, andato in overbooking rapidamente. Una «lezione», guidata da Veronese e Formentini, riproposta l’8 giugno scorso a Milano, nei bellissimi locali della baslica di Sant’Eustorgio. Un momento dedicato non solo agli appassionati di vino, ma di territorio. «Questo appuntamento ci serve a far conoscere il Lugana e il nostro territorio, e non solo a far degustare i vini prodotti dalle aziende associate con l’aiuto di sommelier».

I due appuntamenti – Milano e Londra – danno conto di un interesse in crescita, a livello nazionale e internazionale, per questo vino e il suo terroir morenico: il 75% della produzione è venduto all’estero. Negli ultimi dieci anni intanto la superficie vitata è passata da 831 a 2.113 ettari, e la produzione è arrivata a oltre 16 milioni di bottiglie. «Il tutto – spiega Veronese – senza mai modificare i confini della denominazione», pratica utilizzata nel resto del Paese per aumentare la capacità.

Il vino rappresenta anche un volano per il turismo, che vale oltre il 10 del prodotto interno lordo della provincia di Brescia. «Per noi è fondamentale presentare al pubblico il luogo in cui i nostri vini nascono, che descriviamo e mostriamo con supporti visivi – racconta Formentini – Questo perché è chiaro ad ogni persona che si occupa di vino, sia professionalmente che per passione, che il luogo rappresenta un ingrediente fondamentale per la creazione e la definizione di un prodotto enologico. Negli occhi di chi ci ascolta leggiamo il piacere della conferma nel vedere che le terre da cui nasce il Lugana siano caratterizzate da una grande bellezza. Una bellezza che non è un capriccio, un vezzo, ma un elemento essenziale per il mantenimento del valore di tutto ciò che dal luogo nasce, sia esso prodotto enogastronomico che ricettivo. È una condizione imprescindibile alla quale da tempo è doveroso attribuire un valore diverso rispetto al passato».

È per questo che la presentazione realizzata dal Consorzio si chiude con la slide che introduce la campagna #SaveLugana, promossa nel 2014. «Tutelare questo territorio significa fare il nostro mestiere in modo responsabile» sottolinea Formentini. Il progetto contro cui si battono è vecchio di 25 anni, ma resta una questione aperta: il vice presidente del Consiglio Matteo Salvini ha detto in un’intervista al Gazzettino che tutte le grandi opere in Lombardia e Veneto andranno avanti. Formentini e il Consorzio sono però di un altro parere: «L’alta velocità può attraversare la zona sui binari esistenti, perfettamente adeguati – le Frecce le vediamo da tempo, e oggi anche Italo percorre la tratta – conservando tra l’altro la possibilità di fermare nelle stazioni esistenti», dice Formentini.

Sarebbe opportuno, insomma, almeno ripensare il progetto dell’alta velocità tra Brescia e Verona: «Credo che aprirsi alle possibili e concrete soluzioni che permetterebbero di usare la nostra meravigliosa zona di produzione e ricettività in modo intelligente e garbato possa essere un’occasione per dimostrare che si vuole tradurre un’intenzione in una decisione – continua il presidente del Consorzio del Lugana – Risparmiamo a questo delicatissimo sottile corridoio tra le colline ed il lago, già al massimo della sua capacità di carico di infrastrutture (c’è anche l’autostrada A4, ndr) non solo il consumo di spazio, ma anni di devastazione (almeno 7, secondo il cronoprogramma, ndr) e la prospettiva di lasciare un ingombrante e volgare monumento a un modo di progettare il territorio che non appartiene al presente». Un invito è già stato recapitato, a Roma, al ministro Toninelli.