«Non accettiamo lezioni di censura da nessuno». Francesco Verducci sta in realtà provando a respingere le accuse rivolte al Pd dai 5 Stelle («Il Pd chiama, Ballarò risponde e censura il M5S», twittava Beppe Grillo). Ma detta così, dopo che in commissione di vigilanza il forzista Brunetta ha appena rievocato le sue passate, furibonde invettive contro i programmi su Raitre di Fabio Fazio e Lucia Annunziata lamentando di non aver mai ottenuto giustizia, viene da pensare che in effetti il Pd renziano di lezioni non ha bisogno.

Censura? E proprio nei confronti della terza rete? Ma no… Al direttore Andrea Vianello, convocato a palazzo San Macuto per rispondere a Gasparri della puntata di Presadiretta sui partiti (che non è piaciuta a Forza Italia) ma soprattutto delle due serate di Ballarò aperte da interviste a esponenti di M5S (non andate giù ai dem), i piddini stanno spiegando pacatamente che, anche sulla base degli ascolti, la loro intenzione è solo quella di avviare una riflessione generale sul talk show, un genere da ripensare, appunto, perché così non va. Tanto sono disponibili a offrire le loro competenze, i vigilantes, che si sono pure messi davanti alla tv con il cronometro in mano, per poi verificare che in una delle puntate sotto esame – in apertura della quale Massimo Giannini aveva intervistato anche Saviano – «per avere un’opinione diversa» (leggi: l’opinione del Pd) «c’è stato bisogno di aspettare le 22.05», puntualizza Michele Anzaldi. Richieste di ripensamenti, di revisioni del format, dunque, e, ovvio, di massima attenzione al pluralismo. Quello che nella visione nord-coreana di palazzo Chigi-Nazareno non sarebbe stato rispettato come si deve da Raitre anche perché Riccardo Iacona nella sua ultima puntata di Presadiretta avrebbe volutamente nascosto le meraviglie del Jobs Act. Tutto legittimo, ripetono uno dopo l’altro, però…

«Rispetto dell’autonomia editoriale a patto che ci sia rispetto del pluralismo», è la parola d’ordine del negletto partito di Matteo Renzi, che l’altro giorno nella direzione Pd aveva preso di mira Giannini e Floris che insieme fanno meno ascolti di Rambo (anche l’altra sera con Rambo 2 è andata così) e dato la linea: «Il punto vero è che il racconto del paese non può essere quello che va così da dieci anni, con la solita musichina, in cui va tutto male» (già, lo diceva anche il Cavaliere…).

Serve una rieducazione, insomma. A Lorenza Bonaccorsi, che del Pd è anche responsabile cultura, il compito di ricordare solennemente l’antica missione della Bbc: «Educare, informare, intrattenere» e attenzione: «In quest’ordine». Nella sua replica garbata ma ferma, Vianello spiegherà che l’ordine giusto «anche se non parlo bene inglese mi sembra ’inform, educate and entertain’, e comunque per me l’informazione viene prima». Il direttore si dice «dispiaciuto» per le parole di Renzi, e in disaccordo: «Non condivido che Ballarò possa essere definito come un programma che racconta solo cose brutte del paese». E prova a spiegare, a proposito delle interviste contestate, che un’intervista non dovrebbe essere interpretata come un monologo; un giornalista, perché no, può fare anche domande scomode. E comunque «Ballarò va avanti, sicuro». Alla fine è addirittura Brunetta, lasciando la seduta, a trarre la conclusione: «Siamo all’editto di Rambo, siamo alle minacce di Renzi alla Rai. È l’aberrante regime renziano». Più credibile Nicola Fratoianni, di Sel: «Se un presidente del consiglio fa una battuta come quella di Renzi è un problema, le parole hanno un valore simbolico. E è un problema quando a quelle parole si affianca una batteria di dichiarazioni polemiche» sulla gestione delle trasmissioni».

A Giancarlo Leone, direttore di Raiuno, tocca addirittura la commissione Antimafia, dove dovranno presentarsi anche il direttore generale Campo Dall’Orto e la presidente Maggioni. Devono rispondere del Porta a Porta con i Casamonica. Alle proteste della presidente Rosi Bindi («è pericoloso aver offerto un palcoscenico prestigioso a chi cercava legittimazione») e degli altri commissari, Leone risponde: «Quel che successo apre una questione interna importante e tutto questo non potrà non essere foriero di importanti decisioni al nostro interno». Se Vespa forse non dormirà tranquillo, Leone non va più spedito verso la vice direzione generale Rai: avrebbe chiesto una delega troppo pesante.