Più verdi dei Verdi? Deve tirare brutta aria in casa Cdu/Csu se Angela Merkel ha chiamato a raccolta i suoi per creare, il 9 aprile, la KlimaUnion, un gruppo di pressione di parlamentari e industria con l’obiettivo della neutralità climatica tra 10-20 anni. Significa che nei sondaggi i Verdi tedeschi volano e i conservatori li rincorrono sulla crisi climatica. Gli scandali in casa Cdu, sulle mascherine e sulle energie rinnovabili, non fanno che travasare voti verso i Grünen, che per la prima volta possono aspirare al Cancellierato. La corsa per le politiche del 26 settembre è iniziata e la pandemia è una variabile impazzita. Però l’ascesa dei Verdi sembra inarrestabile, dopo quel 32,6% ottenuto alle elezioni nel Baden-Württenberg in marzo. Secondo Arne Jungjohann, politologo e autore di saggi sui Verdi tedeschi, è una questione di pragmatismo, organizzazione, competenza, leadership e formazione della classe dirigente.

Come spiega il successo del partito dei Verdi in Germania, nei sondaggi è al 20-24%?

I Verdi in Germania esistono da 40 anni e hanno attraversato tre fasi ben distinte. Sono nati come un partito di protesta, negli anni ’70 e ’80, quando si vedevano come forza di opposizione che sfidava sia i partiti tradizionali sia le autorità statali. Dagli anni ’90 sono diventati un partito di progetto, che ha iniziato a governare in coalizioni rosso-verdi con l’Spd dandosi un nuovo ruolo di motore di riforme, mettendo al centro il dibattito sulla fine del nucleare. L’ultima fase, iniziata nel 2006, quando era diventato chiaro che con l’Spd non era più possibile formare maggioranze, è quella del partito di alleanza, quando i Verdi hanno deciso una strategia di indipendenza, di perseguire i loro interessi con qualunque maggioranza di centro-destra o centro-sinistra. Oggi i Verdi si percepiscono come un partito che si colloca al centro della società, e il senso di questa trasformazione è condiviso.

Solo 5 anni fa qualcuno avrebbe potuto immaginare che un leader dei Verdi potesse correre per il Cancellierato?

No, nessuno poteva immaginarlo. Il successo di quest’ultima fase si spiega con il fatto che i Verdi, che sono al governo in 11 stati su 16, hanno posto al centro della loro politica la crisi climatica e la crisi ecologica. La politica di posizionamento come partito-cerniera in coalizioni di vari colori è stata vincente perché la valutazione generale che viene data in Germania è che i governi che contengono anche i Verdi sono più ambiziosi e competenti sulle problematiche ambientali. Inoltre, i Verdi hanno saputo darsi una buona organizzazione interna che è stata fondamentale per un miglior coordinamento nei Länder dove sono al governo in coalizioni diverse. Non va dimenticato che nel Bundesrat (la Camera degli Stati), i Verdi sono indispensabili per avere una maggioranza. Possiamo dire che la Germania negli ultimi cinque anni è stata governata dalla Grande Coalizione e dai Verdi. C’è una nuova leva di ambientalisti in Germania, specialmente tra i ragazzi dei Fridays for Future, che considera i Verdi troppo moderati, giudizio condiviso anche da parte della sinistra italiana. L’accusa è di essere orientati solo a cambiare gli investimenti tecnologici in campo energetico senza cambiare anche la società.cL’accusa che viene da una parte dei FFF, che hanno creato una loro Klimaliste, si giustifica con il fatto che anche dove i Verdi sono al governo da lungo tempo, come nel Baden Württenberg, la politica non sta affrontando la crisi climatica nel modo adeguato. Io penso che sia importante che i Verdi ricevano questo genere di pressione. Però la preoccupazione di perdere identità non è presente nel dibattito politico in Germania. I Verdi rimangono il partito di riferimento per quanto riguarda la crisi climatica e la leadership attuale è la più forte che abbiano mai avuto.

A proposito di leadership: come è avvenuto il passaggio generazionale in questi 40 anni?

È stato lento, però alla fine del primo governo di coalizione Joskha Fisher ha lasciato il passo ad altri, e la sua uscita di scena ha coinciso con l’inizio dell’esperienza di governo in molti Länder, anche grazie all’attitudine al governo dell’attuale leadership che ha dimostrato di essere moderata, non dogmatica e molto popolare. I co-presidenti Robert Habeck (51 anni) e Annalena Baerbock (40 anni), funzionano molto bene come tandem, quindi le tensioni che erano spesso presenti nel partito tra i realos e i fundis (moderati e radicali) ormai sono superate. Le due ali esistono ancora ma per altri scopi. Questo ha portato a un forte aumento degli iscritti, che ora sono circa 100 mila e sono raddoppiati in 5 anni. Molti dicono di essersi iscritti attratti da questa leadership. Credo che questo successo non sarà transitorio, ma duraturo.

Come verrà scelto il candidato tra i due co-presidenti?

Il consiglio dei Verdi, composto da 6 persone, tra cui i due co-presidenti, lunedì 19 aprile darà un’indicazione all’assemche voterà in giugno. In sostanza, la decisione è presa consensualmente tra i due co-presidenti. E’ una modalità inusuale: anni fa ci sarebbe stato un processo molto più formale. Io credo sia il segnale di una dirigenza molto forte e coesa.

Chi vota per i Verdi?

L’elettorato è molto diversificato, ma prevalgono le donne, i giovani e gli abitanti delle aree urbane più progressiste.

I Verdi sono al governo con il centro-destra in Austria, dove Kurtz si vanta di difendere l’ambiente e le frontiere al medesimo tempo. E’ quello un modello per i Verdi tedeschi?

I Verdi tedeschi seguono con attenzione quello che accade in Austria proprio per prendere le distanze da quel modello. La stampa conservatrice tedesca si compiace nel descrivere la posizione di debolezza in cui sono confinati i Verdi nel governo Kurtz. Ma i Verdi tedeschi non finiranno in quella trappola. Hanno una lunga pratica di governo, mentre in Austria i Verdi hanno assunto incarichi senza esperienze pregresse. Se i Verdi faranno un patto di coalizione in Germania sarà con i partiti a livello paritario.

Dall’opposizione i Verdi hanno influenzato la politica degli altri maggiori partiti? Sono riusciti ad alzare l’asticella delle ambizioni climatiche?

Sicuramente in questi anni abbiamo osservato una competizione tra i partiti sul tema della crisi climatica. Prima della pandemia, il cambiamento climatico era la preoccupazione maggiore dell’elettorato di tutti i partiti. E i sondaggi dicevano anche che gli elettori riconoscono ai Verdi le più ampie competenze in materia climatica. Gli altri partiti lo sanno. L’Spd ora dichiara che il clima è diventato una questione centrale. In campo moderato invece i toni sono più sfumati. I due possibili candidati alla Cancelleria usano tattiche diverse: mentre Armin Laschet (Cdu) è molto cauto nel linguaggio e cerca di compiacere l’area economica del suo partito che è anti-ecologista, Markus Söder (Csu) è diventato un super-ambientalista dal 2018: quando i Verdi nella sua Baviera sono arrivati al 18% ha capito che sono i Verdi, non l’AfD, i suoi rivali.

La Fondazione Heinrich Böll è il think tank del partito dei Verdi. Che ruolo ha avuto?

Un ruolo di supporto. Le fondazioni dei partiti politici in Germania, che sono una peculiarità tedesca e sono finanziate con soldi pubblici, hanno una funzione di educazione alla politica, oltre a fungere da luogo di elaborazione per nuove idee. Tutti i partiti ne hanno una quindi non si tratta di un vantaggio competitivo dei Verdi. La Fondazione Böll è stata una piattaforma che ha contribuito a dare visibilità al dibattito sulla crisi ambientale e climatica, lo ha introdotto nell’opinione pubblica. Se non esistessero queste fondazioni ci sarebbe molto meno spazio in Germania per dibattere delle questioni politiche.