I Verdi francesi perdono i pezzi. Jean-François Placé, capogruppo di EELV al Senato, ha lasciato ieri il partito fondato nel 2010, giudicato ormai “un astro morto”. Un’analoga decisione era stata presa la vigilia da François de Rugy, co-presidente del gruppo all’Assemblea, che accusa EELV di “derive gauchiste”. Altri dovrebbero seguire. Gli écolo si lacerano su questioni di alleanze e di potere, invece di concentrarsi su proposte di fondo, a meno di cento giorni dalla Cop21, il grande summit dell’Onu sul clima, che avrà luogo a Parigi. Ma a dicembre in Francia ci sono le regionali, che saranno per tutta la sinistra una nuova débâcle. Tra i Verdi infuria la polemica sulle alleanze, in particolare l’accordo con il Front de Gauche in regioni come Paca (Provenza-Costa Azzurra) e il Nord-Pas de Calais, dove c’è il rischio di una vittoria del Fronte nazionale (si presentano, rispettivamente, Marion Maréchal-Le Pen nel sud e Marine Le Pen nel nord). Personalità schierate alla destra di EELV lasciano il partito, con la speranza, probabilmente, come ha accusato Daniel Cohn-Bendit (che aveva anch’egli lasciato i Verdi nel 2012) “di avere uno sgabello al governo”, riallacciando l’alleanza con il Ps, spezzata nel 2014, con il rifiuto degli écolo di partecipare al governo Valls. Oggi i Verdi hanno 18 deputati grazie all’alleanza con il Ps nel 2012 (l’esperienza di Grenoble, dove nel 2014 è stato eletto un sindaco écolo alleato del Front de Gauche è difficilmente riproducibile in altre realtà). La polemica rimanda anche all’eventuale candidatura verde alle presidenziali del 2017, con il rischio di una ripetizione del dramma del 2002 (destra e estrema destra al ballottaggio).

Jean-Luc Mélenchon, del Front de Gauche, liquida il caso: “la destra dei Verdi ha chiarito la sua posizione. Se ne va. Speriamo succeda lo stesso nel Ps”. A poco più di un anno e mezzo dalle presidenziali, la sinistra francese è in piena confusione. Sia sul fronte delle alleanze, che su quello delle idee e delle proposte. L’anello più debole, i Verdi, sono i primi ad esplodere, ma la tensione è forte anche nel Ps, dove la “fronda” critica del governo Valls non rinuncia ad opporsi alle scelte liberiste in corso. Ma anche nella “fronda” non c’è unità: i contestatori della linea Hollande non si identificano con le posizioni dell’ex ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg, che pur avendo invitato l’ex ministro greco Yanis Varoufakis alla sua “festa della rosa” lo scorso fine settimana, non è riuscito a creare una dinamica costruttiva. Per evitare una nuova esplosione di reazioni ostili, ieri Valls è stato obbligato a prendere le distanze dalle ultime dichiarazioni del ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, che all’Università d’estate del Medef (la Confindustria francese) ha ricevuto una standing ovation per aver preso di mira le 35 ore. Macron non sarà all’Università d’estate del Ps a La Rochelle questo fine settimana (afferma di non essere stato invitato), dove i dibattiti si annunciano caldi: l’economia non riparte, la disoccupazione non cala, ma Hollande non ha nessuna intenzione di abbandonare la linea social-liberista. La paralisi della politica francese è illustrata in questi giorni dall’assoluto silenzio della sinistra (ma anche della destra) sul dramma dei rifugiati, tutti paralizzati dalla paura del Fronte nazionale.

Anche il Front de Gauche vive un momento di polemica, dopo le prese di posizioni dell’economista vicino al partito Jacques Sapir, che ha lanciato un appello per la creazione di “un fronte di liberazione anti-euro”, che comprende anche una collaborazione con il Fronte nazionale, un “fenomeno politico” che non puo’ più essere ignorato, a suo dire.