I vepsi, domatori di pietre
In una cava di diabase nel villaggio di Rybreka. Foto Anna Varfolomeeva (2016)
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I vepsi, domatori di pietre

Paesi Identità indigena nella Russia post-sovietica: una stirpe ugrofinnica divisa in tre regioni russe

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 16 aprile 2022

«Creeremo la nostra canzone non con le parole, ma con la pietra – per secoli». Taisto Summanen, poeta careliano, rievoca nel suo poema The Ballad on Vepsian Stone la storia dei minatori Vepsi che commemorano Vladimir Il’ic Ul’janov Lenin.

I Vepsi sono una popolazione di stirpe ugrofinnica e attualmente risiedono in tre regioni russe: la Carelia (dove vi risiede il più alto numero), la regione del Volga e quella di Leningrado. Ne parliamo con Anna Varfolomeeva, ricercatrice in sostenibilità indigena all’ Helsinki Institute of Sustainability Science. Specializzata in antropologia ambientale, relazioni uomo-paesaggio e uomo-risorse, si occupa dell’identità indigena delle minoranze Vepsi e Soiot nelle due regioni russe della Carelia e della Buryatia. Nella sua ricerca analizza le relazioni tra sviluppo minerario e comunitario, uscendo dal rigido schema dicotomico tradizione-sviluppo, sostenibile-insostenibile. Secondo la ricercatrice la presenza di industrie estrattive non sempre è da collegare a una forza estranea che si scontra con le vite e gli interessi dei popoli indigeni; al contrario può far parte dell’identità etnica, comunitaria e delle tradizioni del gruppo stesso.

Quali sono i problemi più importanti affrontati dalle popolazioni indigene in Russia? Sono protetti da un punto di vista legale?
In Russia sono presenti più di 80 gruppi indigeni che abitano diverse zone climatiche a diverse distanze dal centro federale. Dal punto di vista legale, nonostante i gruppi indigeni siano relativamente ben protetti dalla Costituzione russa, il problema arriva quando si tratta di attuarla. Capita che molte disposizioni di legge sono formulate in modo vago, per cui la loro attuazione dipende in gran parte dall’azione delle amministrazioni regionali. Per esempio, esistono dei requisiti per essere riconosciuti legalmente come popolazione indigena: non si devono superare i 50.000 individui, si deve essere un gruppo etnico distinto e abitare in certe aree determinate e remote del paese. A tutt’oggi alcune popolazioni sono in continua lotta per un loro riconoscimento, altre hanno invece l’hanno abbandonata. Un’altra criticità è causata dalle negoziazioni e relazioni di potere tra indigeni, compagnie e società. Spesso le aziende si sostituiscono al governo con provvigioni di cibo, carburante e reti infrastrutturali dando vita a un legame di dipendenza tra comunità e compagnie.

Ed ora parliamo dei Vepsi e della loro storia
I Vepsi sono linguisticamente legati a finnici ed estoni. Dal XVIII secolo lavorano nel settore dell’industria mineraria nell’estrazione di rare pietre decorative quali gabbro-diabase e quarzite lampone (chiamata anche «la pietra dello tsar»). La loro reputazione di lavoratori della pietra li precedeva in tutto il territorio russo e non solo: hanno aiutato ad erigere ponti a San Pietroburgo, a fabbricare diversi edifici nei lunghi mesi invernali estoni e la «loro» quarzite lampone è stata utilizzata per costruire il sarcofago di Napoleone a Parigi, il mausoleo di Lenin a Mosca, a decorare la Cattedrale di Cristo Salvatore e l’altare della Cattedrale di Sant’Isacco.

Come il piano di industrializzazione sovietico ha influenzato la minoranza etnica dei Vepsi? E cosa ha comportato per i Vepsi la caduta dell’Unione Sovietica?
Le miniere fanno la loro comparsa negli anni della nascita dell’Unione Sovietica. A quel tempo uomini e donne erano impegnati in lavori pesanti e molti di loro aderirono alla narrativa stacanovista. Si sottoponevano a mansioni estenuanti con estrema dedizione, fieri di un loro apporto alla costruzione e al mantenimento dello stato socialista e orgogliosi della propria pietra, una pietra forte. Spesso si leggeva nei giornali locali e nazionali titoli come «Lotta con la pietra» o «Il domatore di Pietre». Questo a indicare un progresso, una vittoria e un dominio umano sulla natura. Con il collasso dell’Unione Sovietica iniziano le difficoltà finanziarie. Le industrie vengono chiuse o privatizzate generando un clima di preoccupazioni all’interno della comunità. Nasce di conseguenza una frattura tra la nostalgia di un passato sicuro e stabile, quando si sapeva dove la roccia veniva spedita e l’industria era considerata importante per il proprio paese, e un futuro incerto e buio, senza alcun rapporto diretto tra comunità e proprietari delle miniere.
I Vepsi sentono di aver perso il controllo sulla propria terra, di aver smarrito ogni tradizione e gloria legati al loro passato da grandi lavoratori della pietra e si lamentano delle compagnie private che sprecano la loro materia prima in costruzioni inutili e di poco valore.

Che rapporto si è instaurato tra i minatori Vepsi e le pietre e che significato viene attribuito a queste ultime? Quale pericolo per la salute porta l’estrazione mineraria ai lavoratori?
Per i minatori la pietra è un attore, un potente essere vivente, fonte di orgoglio e simbolo di identità locale. La popolazione indigena dei Vepsi è orgogliosa di tale solidità e bellezza, del suo sgargiante color rosso scuro e dell’utilizzo che ne viene fatto. Poter ritrovare la loro pietra nei monumenti e nelle piazze di diverse parti del mondo ha contribuito e contribuisce a tutt’oggi alla crescita di una forte identità collettiva. I minatori si rafforzano estraendo e lavorando la materia prima e diventano resilienti a ogni difficoltà.
A tutto ciò si affianca una connessione corporea, che plasma e da forma alla vita dei Vepsi. Chi lavora a stretto contatto con la pietra, nel taglio e pulitura, si può esporre a diversi problemi di salute quali sordità, silicosi e sindrome da vibrazioni di mano e braccio. In sintesi, come afferma Donna Haraway, «… in questo nostro tempo mitico, siamo tutti chimere, ibridi teorizzati e fabbricati di macchina e organismo: in breve, siamo tutti dei cyborg», così i corpi dei Vepsi sono una componente dell’industria finalizzata al bene del progresso e a quello della produttività.

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