Mentre la discussione sulla legge di bilancio si avvia al rush finale, nel Movimento 5 Stelle proseguono gli scontri interni. La novità è che di fronte all’attivismo su Mes e prescrizione del «capo politico» Luigi Di Maio e dell’«extraparlamentare» Alessandro Di Battista, i parlamentari si sono liberati di capannelli e microgruppi e hanno trovato un fronte comune, ampiamente maggioritario, che si è fatto sentire ai piani alti allo scopo di placare i venti di crisi, portare a casa la legge di bilancio e arrivare al giro di boa del 2020.

TANTO SONO FORTI le pressioni che arrivano dalla base degli eletti alla camera e al senato, che Di Maio comincia la giornata giocando in difesa. Dice che non è vero che lavora per far cadere il governo, anche se rivendica il fatto che il Movimento 5 Stelle funzioni proprio «alzando la voce sui temi che gli stanno a cuore». Poi è costretto a difendere la figura di Di Battista, col quale ha fatto gioco di sponda negli ultimi tempi attaccando il governo. Di Battista viene visto come una specie di intruso dalla gran parte degli eletti, soprattutto dalla maggioranza silenziosa che non ha grande esposizione mediatica ma rivendica il suo lavoro quotidiano nelle trincee parlamentari. Per questo Di Maio precisa che «Di Battista non è un corpo estraneo al M5S».

A molti parlamentari non è sfuggito il dato politico degli ultimi giorni, non da poco: Giuseppe Conte (quello che lo stesso Di Maio definì la «perla rara» della politica italiana) è sempre meno espressione del M5S, quantomeno di «questo M5S». Da cui l’incremento del dissenso interno, che Di Maio minimizza: si tratterebbe solo di «una decina» di dissidenti. «I fatti smentiscono i retroscena ma loro continuano a scrivere falsità», si legge sul Blog delle stelle. «La leadership di Luigi Di Maio non è in discussione», si sente in dovere di precisare uno considerato sempre fedelissimo come il sottosegretario alla presidenza del consiglio Riccardo Fraccaro, di recente non proprio allineato con il «capo politico» assieme ad altri ministri grillini.

ANCHE STAVOLTA TUTTO verrà riassorbito, magari dall’intervento di Beppe Grillo? Secondo molti si respira un’aria nuova. «Forse per la prima volta siamo quasi tutti d’accordo», dice un eletto a proposito del malcontento nei confronti di Di Maio. Un’altra voce critica racconta di trovare consensi tra i suoi colleghi, esperienza quasi inedita: «Molti di quelli che consideravamo fedelissimi cominciano ad essere più aperti e morbidi». Una parlamentare che pure nei giorni scorsi non è stata in prima linea nelle pressioni a Di Maio ci tiene a chiarire: «Al nostro interno predomina la volontà di ragionare con questa maggioranza. Non vedo nessuno intento a lavorare per destabilizzare questo governo, con tutti i suoi limiti».

NELLE VOCI PIÙ DURE si parla di gruppi parlamentari completamente impermeabili alle istruzioni che vengono dall’alto. Forse è un’esagerazione, ma è un fatto che per l’ennesima volta non si sia riusciti ad eleggere il capogruppo alla camera, nonostante le pressioni dei vertici per trovare una soluzione.

In serata arrivano le voci di un versamento di circa 120 mila euro nelle casse della piattaforma Rousseau da parte degli organizzatori della kermesse nazionale Italia a 5 Stelle. Un travaso dal Movimento alla creatura di Davide Casaleggio che diventa ulteriore motivo di dissenso: «Se le cose stanno così, siamo davanti ad una ragione in più per rivedere le regole che caratterizzano i rapporti tra Rosseau e M5S», dice il deputato Giorgio Trizzino. Se si comincia a cannoneggiare il pilastro Casaleggio, la questione si fa seria.