Tra le 7 e le 8 di ieri mattina l’aviazione militare turca ha colpito un trauma stabilization point (Tsp), cioè una clinica d’emergenza in cui sono assistiti i feriti gravi che vengono dalle aree prossime ai combattimenti. Lo ha riferito la Mezzaluna rossa curda, l’organizzazione che gestiva il centro sanitario situato a sud di Serêkaniye. Nell’attacco sono rimasti feriti due medici e danneggiate due ambulanze. Quattro pazienti sono stati evacuati. Dopo l’episodio la clinica è stata chiusa per ragioni di sicurezza.

IN ITALIA la notizia è arrivata attraverso la denuncia di Un ponte per (Upp), unica Ong italiana impegnata nel nord-est della Siria insieme alla Mezzaluna rossa curda. «Le azioni contro il personale medico e le strutture sanitarie violano le norme del diritto umanitario e segnano un salto in avanti della strategia turca. Servono a scoraggiare l’intervento di soccorso ai feriti proprio dove ce n’è più bisogno: vicino alle zone dei combattimenti», afferma Luca Cafagna, project manager di Upp impegnato nella risposta umanitaria. Il cooperante si trova attualmente a Dahuk, città irachena a pochi chilometri dal confine con la Siria.

L’ATTACCO di ieri non è un caso isolato. La Mezzaluna rossa curda ha denunciato danneggiamenti anche contro gli ospedali di Tel Abyad e Kobane. Ad Haluk i turchi hanno bombardato invece una centrale idrica che riforniva di acqua potabile 400mila persone. Simili episodi aggravano una situazione umanitaria che rischia di collassare. Sono ormai 191mila gli sfollati, concentrati principalmente nelle aree a sud di Kobane, Derek e Serêkaniye.

L’ESCALATION MILITARE sta mettendo in crisi tutto il dispositivo di emergenza umanitaria che era stato faticosamente messo in piedi dopo la sconfitta dell’Isis e si reggeva su un già difficile equilibrio. Si registrano enormi difficoltà nei campi profughi allestiti in questi anni. Quello di Mabruka, che contava 5mila persone, è stato evacuato. Tutti trasferiti ad Areesha. Il campo di Ain Issa, a circa 35 km dal confine, rischia di subire la stessa sorte perché gli scontri si stanno avvicinando. Ad Al Hol continuano le tensioni tra i familiari dei miliziani dell’Isis e le forze di sicurezza che controllano il campo.

«SEMBRA CHIARO che la strategia militare turca preveda anche un piano di destabilizzazione del territorio attraverso l’utilizzo o comunque l’agevolazione dei militanti del gruppo Stato islamico – continua Cafagna – Le prigioni sono bersagliate per permettere ai miliziani di fuggire. Nella stessa ottica va letta l’autobomba esplosa ieri nel centro di Qamishlo e rivendicata da Daesh».

MEZZALUNA ROSSA CURDA, Un ponte per e le altre organizzazioni non governative attive nella zona stanno alzando la voce in tutte le sedi possibili contro le azioni militari dirette verso civili e personale umanitario. «Pretendiamo che le strutture sanitarie siano tutelate e non considerate bersagli – afferma ancora Cafagna – Pretendiamo che le infrastrutture civili non siano colpite. Condanniamo la strategia di destabilizzazione».