Quella che racconta la regista Kira Kovalenko è una storia dura in un paesaggio umano e naturale durissimo. Incontriamo la protagonista di Unchenching The Fists nella prima inquadratura. Ada, questo è il nome dell’eroina interpretata dall’attrice Milana Aguzanova, ha il viso mezzo nascosto sotto il pullover e lo sguardo vispo d’un personaggio della letteratura naturalista: un ragazzo di vita, una nana. Chi aspetta ? Di certo un ragazzo. Due suoi coetanei vengono a disturbarla. Il primo è un giovane con i capelli rossi che insiste per farla salire sul suo camioncino, il secondo è suo fratello minore, che si muove e agisce come un cagnolino. A questi due uomini se ne aggiungono altri. Un padre padrone, barbuto e scorbutico. Degli amici di famiglia. E infine delle bande di giovinastri che organizzano dei tristi rodei di macchine nella polvere. Sembra che Ada sia la sola ragazza di tutta la città di Mizur, un agglomerato composto da una strada polverosa che congiunge una miniera a delle case fatiscenti.

NEL PRESENTARE il film al pubblico di Un certain regard la regista ha detto di aver voluto parlare del proprio paese. Può sembrare una dichiarazione ironica, tanto l’immagine che il film dà di questa regione contestata tra la Federazione Russa e la Georgia è limitata alla triste città mineraria. Per capire come invece non vi sia alcun cinismo nella sua dichiarazione, bisogna andare in fondo al film. La regista ha ringraziato anche i suoi attori – tutti non professionisti, presi dalla strada – come si dice. E ha voluto anche ringraziare il suo vecchio maestro di cinema, Aleksander Sokourov che più che la maniera di girare le ha piuttosto trasmesso una morale fondamentale: l’arte ha un ruolo metafisico, serve a dare dignità all’essere umano.

ADA È UNA RAGAZZA due volte martoriata. Da giovane è stata vittima di un attacco terroristico. Si è salvata, ma sul suo corpo restano diverse cicatrici e un handicap che la rende vulnerabile, e sul quale può esercitarsi il potere dei maschi che sono intorno a lei, il padre, i fratelli. Di questa vicenda così drammatica, e a prima vista così unilaterale da poter sembrare manichea, Kovalenko riesce a far emergere una storia e un personaggio di grande forza e che illumina anche quelli che gli stanno intorno. L’idea più forte del film è senza dubbio quella di fare di Ada la sola figura femminile della piccola società di Mizur. Femminilità repressa e negata in ogni modo, ma che infine emerge caparbia e orgogliosa, come un fiore che si fa strada attraverso catrame.