La scelta di Donald Trump di attuare un attacco contro una base siriana in solitario, senza consultare l’Onu, dimostra il disprezzo del presidente magnate per i canali diplomatici multilaterali e soprattutto costituisce un pericoloso precedente. Questi sarebbero il giudizio e i timori del vertice politico cubano secondo un esperto del governo, che richiede l’anonimato. Per prassi, infatti, la posizione ufficiale dell’Avana è espressa dal Ministero degli Esteri che però fino a ieri mattina non si era pronunciato sulla materia. Almeno direttamente.

Che la propensione del presidente Usa a flettere i muscoli preoccupi l’Avana lo dimostra la riunione dei capi della diplomazia dei paesi dell’Alba -Tcp (Alleanza bolivariana per i Popoli di nostra America composta da Venezuela, Cuba, Bolivia, Ecuador, Nicaragua e alcuni piccoli paesi dei Caraibi) convocata nella capitale cubana per lunedì prossimo. Tema, l’appoggio al governo del presidente Maduro contro i piani di un golpe violento preparato dalla destra venezuelana e dall’ambasciata nordamericana a Caracas. E che potrebbero sfociare in un intervento diretto degli Usa. Il conflitto tra i due poteri, l’esecutivo del presidente Maduro e l’Assemblea nazionale (Parlamento) appare sempre più difficile da risolvere con una mediazione politica, specie dopo le due sentenze con le quali il Tribunale supremo di giustizia (Tsi) la settimana scorsa ha ritirato l’immunità ai deputati e ha assunto temporaneamente i poteri del Parlamento. Per intervento del presidente Maduro, il Tsi ha ritirato entrambe le sentenze. Ma la crisi istituzionale è tuttaltro che risolta. E sabato gli avversari del presidente hanno annunciato che torneranno a manifestare sabato nelle strade del paese, con la prospettiva di nuovi violenti e forse sanguinosi, scontri.

Il Consiglio politico dell’Alba-Tcp lunedì prevede di ratificare una dichiarazione di appoggio al governo del Venezuela e di ribadire che l’America latina è una zona di pace, dove dunque si condanna ogni intervento militare esterno. Inoltre vi sarà una nuova mozione di condanna all’Organizzazione degli Stati americani (OEA) accusata di complicità con «i progetti egemonici» (degli Usa) nella regione latinoamericana e una nuova censura all’operato del segretario generale dell’organismo, Luis Almagro che con tutti i mezzi – anche violentando le regole interne dell’Oea – di imporre la “Carta democratica” al Venezuela. In pratica incita a un’aperta ingerenza nella politica di un paese membro sovrano.

Dopo l’attacco in Siria, diventa sempre più pericolosa la possibilità che l’ingerenza degli Stati Uniti – di fatto l’Ambasciata nordamericana a Caracas è la centrale dove si coordinano le azioni dell’opposizione- possa sfociare in un intervento diretto. Il governo cubano però preferisce affrontare questo scabroso problema all’interno di un organismo multilaterale. Le relazioni dell’isola con la nuova amministrazione Trump sono a un punto assai delicato e difficile. Il portavoce del presidente, come pure vari deputati e senatori repubblicani di origine cubana hanno dichiarato che Trump è deciso a distanziarsi dalla politica di apertura «gratuita» all’Avana adottata da Obama. Però alle dichiarazioni non è seguito fino ad oggi nessun fatto concreto, mentre nella capitale cubana si susseguono le visite di politici statunitensi favorevoli alla normalizzazione con Cuba e continuano gli incontri per stilare accordi formali, l’ultimo in questi giorni tra le autorità nautiche dei due paesi.