Non si farà vedere alla presentazione nazionale del programma di Matteo Renzi prevista questo pomeriggio a Bologna, in compenso Pier Ferdinando Casini sembra davvero in ottima forma. Candidato dal Pd al Senato nell’uninominale, collegio blindatissimo dove pare sia impossibile perdere, l’ex presidente della Camera ci ha messo pochissimo per lanciare la sua campagna. Una lettera aperta a tutti gli elettori chiedendo di mettere da parte le «contrapposizioni ideologiche del passato», una visita di solidarietà ad un circolo Pd del centro città che si è ritrovato le serrande ricoperte di insulti («c’è troppo veleno, noi non abbiamo nemici ma solo amici con idee diverse»), e per il resto dichiarazioni distribuite a piene mani e con la sciarpa d’ordinanza del Bologna calcio in bella vista.
«SOLO L’INCONTRO tra le forze centriste e il Partito democratico – ha dettato ai cronisti – potrà difendere le istituzioni da questo impasto di populismo e demagogia che rischia di consegnare alla Lega e ai 5 Stelle il governo del paese». Insomma Casini ultimo argine di fronte alla barbarie: sarà questa probabilmente la linea del democristiano ex campione dei Family Day.
Viste le candidature Casini non dovrebbe essere impensierito dalla concorrenza del suo alleato di un tempo Silvio Berlusconi. Forza Italia ha infatti deciso a sorpresa di non schierare al Senato nomi di peso, e così a correre all’uninominale sarà l’avvocata Elisabetta Brunelli: civica, presidente di Ape-Confedilizia Bologna, con un peso specifico nazionale politicamente vicino allo zero. Se non è desistenza poco ci manca. La competizione sarà dunque tutta a sinistra, cosa che in Emilia significa l’ex governatore della Regione Vasco Errani, fuoriuscito d’eccellenza dal Pd assieme a Bersani. Mercoledì Errani ha presentato la sua candidatura al senato per LeU nel collegio di Bologna, e al suo diretto avversario Casini ha riservato poche parole: «Lo stimo, lo rispetto, ma, come tutti sanno, le radici non sono acqua: né per lui, né per me». «Ed eccoci qui – ha aggiunto ieri con amarezza Pippo Civati – con Pier Ferdinando, una larga intesa in un sol uomo, da sempre sostenitore di esecutivi di centrodestra, a spiegarci come si fa il centrosinistra. Lo avrete capito, c’è una parola di troppo: sinistra».
A FARE APERTAMENTE campagna contro Casini è il mondo lgbt bolognese, sotto shock dopo l’esclusione dalle liste dem del senatore Sergio Lo Giudice, presidente onorario dell’Arcigay e soprattutto uno degli artefici della legge sui diritti civili. «E’ davvero strano vedere Casini ergersi a ultimo baluardo di fronte al populismo, visto che l’uomo politico è lo stesso che ha sostenuto i Family Day e tutti coloro che agitavano le teorie del gender – dice il presidente del circolo lgbt Il Cassero di Bologna Vincenzo Branà – Non credo che rappresenti un argine, semmai la sua candidatura è il segnale della rottura già avvenuta di quell’argine».
SE TRA PD E LEU SARÀ scontro all’ultimo voto, a sperare di approfittarne sono i 5 Stelle, che sul tasto di Casini ormai battono in continuazione. «Dovevano rottamare e invece candidano Casini a Bologna», attacca Alessandro Di Battista per poi allargare il discorso: «Candidano berlusconiani a destra e sinistra, e il figlio di De Luca in Campania». Poi il riferimento alla Commissione banche presieduta proprio da Casini: «Quando vidi il suo comportamento osceno capii che stava barattando un seggio in Parlamento». A ben vedere gli stessi argomenti di LeU. «Ma vi siete chiesti perché la relazione finale della Commissione banche è passata in quel mondo con le assenze di Forza Italia?», ha chiesto Bersani ai cronisti. A parlare esplicitamente di accordo Pd-Forza Italia è Giovanni Paglia, altro candidato di LeU in Emilia: «Il patto è di ieri, ma gli effetti li vedremo appieno il 5 di marzo».
A PESARE SUL DIBATTITO sono anche le parole di Romano Prodi, che ha esplicitato la sua preferenza per «il centrosinistra» e la coalizione «che unisce», invece che per LeU. Una soddisfazione non piccola per i dem, ma il Professore non dovrebbe dare molte altre gioie a Matteo Renzi. «Quel che ho detto ho detto, la campagna elettorale non la farò», ha risposto secco ieri a chi gli chiedeva altri ragionamenti politici e soprattutto se non fosse imbarazzato per la candidatura di Casini.