La posizione del Partito Socialdemocratico (Psd) in Romania all’interno della famiglia socialista europea resta un’incognita. La formazione di Liviu Dragnea rischia di diventare un peso per il gruppo S&D, l’alleanza progressista dei socialisti e dei democratici al Parlamento europeo, in vista delle prossime elezioni di fine maggio. Non era cominciato nel migliore dei modi il 2019 per il Psd, nonostante il debutto assoluto della Romania alla presidenza del Consiglio Ue. Jean-Claude Juncker, capo della Commissione europea allora era stato chiaro: «L’Ue è fatta di compromessi, ma quando si parla di diritti umani, di legalità, di lotta alla corruzione, non ce ne possono essere». Ma e soprattutto la reputazione di cui gode il numero uno del Psd a far storcere il naso ai socialisti europei. Dragnea non può ricoprire nessun incarico politico perché condannato con l’accusa di abuso d’ufficio per due false assunzioni nel distretto di Teleorman, feudo elettorale del suo partito. Il mese scorso l’eminenza grigia del Psd aveva ricevuto anche una lettera da parte di Matteo Salvini nella quale il vicepresidente del Consiglio italiano offriva una collaborazione a Dragnea in vista della prossima tornata elettorale europea. L’S&D si trova così costretto ad affrontare la deriva populista e perché no sovranista di Dragnea, figura scomoda almeno quanto lo è Orbán dall’altra parte dello scacchiere politico per i colleghi del Partito Popolare Europeo.

Intanto l’ex-premier socialista rumeno Victor Ponta ha fondato il partito europeista Pro Romania al quale ha aderito anche Corina Cretu, commissaria europea per la politica regionale, eletta tra le file dei socialisti europei. Ed è proprio la dipartita di Cretu a testimoniare quanto il partito di Dragnea si trovi in una posizione sempre più isolata in patria e all’estero. «ll Psd è diventato purtroppo un partito estremamente populista, nazionalista e demagogico», ha spiegato Ponta, allontanato dal Psd nel 2017 per uno scontro di potere con Dragnea. Pro Romania potrebbe ottenere il 10% delle preferenze a maggio, un risultato certamente non da buttare ma forse non abbastanza da convincere l’S&D a sbarazzarsi una volta per tutte di Dragnea. Difficile dire allo stato attuale se nella strategia del partito sarà la logica dei calcoli elettorali ad avere il sopravvento sulla decisione di allontanare un alleato ogni giorno sempre più scomodo e divisivo per i socialisti europei.