Ma vie de Courgette, il titolo originale di La mia vita da Zucchina (in sala giovedì 2 dicembre) dal suo passaggio allo scorso festival di Cannes – era alla Quinzaine – è diventato un piccolo evento: conteso da molti festival, da Annecy a San Sebastian, premiatissimo ovunque, un caso al botteghino in Francia con 3 milioni di incasso in un mese. Animazione in stop motion, il film di Claude Barras è quello che con espressione «banale» può essere definito «per grandi e per piccini»anche se in questo caso la frase fatta si dimostra particolarmente calzante: poche volte come qui l’infanzia riesce a trovare una sua voce autonoma con cui esprimere sogni e pensieri, fino a quelli più segreti, senza passare attraverso quei codici di un genere «da piccoli» maggiormente in agguato vista la condizione di «ragazzini difficili» dei protagonisti.

La «courgette» (Zucchina) del titolo è Icaro, un bimbo poco felice, la mamma è sempre sbronza davanti alla tv e quando si risveglia lo picchia per niente. Una sera come tante altre la donna muore – un incidente di cui Zucchina è causa seppure in modo involontario – e il ragazzino viene portato in un orfanotrofio dove ci sono altri piccoli ospiti come lui. Bambini che gli altri guardano con diffidenza, massacrati dagli adulti o dalle istituzioni come la piccola Béatrice rimasta sola dopo che la polizia ha rimpatriato a forza la mamma in Africa. C’è chi ha subito violenze dal padre, chi ha i genitori i galera, chi invece ce li ha tossici e chi ha visto ammazzare dal padre la madre. Zucchina all’inizio si rifugia nel suo mondo «tiranneggiato» dal capetto bullo con cresta rossa punk Simon. Ma poi complicità e amicizia diventeranno fortissimi tra tutti loro: un legame di solidarietà speciale che li sostiene nel confronto col mondo.

La sceneggiatura (da un romanzo di Gilles Paris) è di Celine Sciamma e il suo tocco si sente. La regista di Diamante nero sa trovare sempre i giusti equilibri narrativi parlando di ragazzini e adolescenti, in più qui soli e traumatizzati, senza retorica del sentimentalismo per coglierne nel tempo della narrazione i passaggi delle esistenze e le loro evoluzioni. Si ride e ci si commuove seguendo le giornate di Zucchina, le sue palpitazioni di bimbo innamorato della ragazzina nuova arrivata, le sue fantasie, le paure e la nostalgia del tempo in cui era a casa anche se non erano giorni spensierati.

Come tutti i suoi amici Zucchina ha degli occhi grandissimi, spalancati sulle cose, i suoi ricordi dei genitori sono un’aquilone su cui ha disegnato il padre scomparso chissà dove e una lattina di birra raccolta tra quelle che la madre gettava in giro per casa. I bimbi raccontano nei loro dossier di tanta cronaca attuale, sul muro gli educatori hanno appeso per loro un barometro su cui i piccoli esprimono col sole e con la tempesta i loro stati d’animo alla coppia un po’ stralunata degli educatori. Quello che peró sia Barras che Sciamma fanno è cercare di allontanarsi il più possibile dagli stereotipi che spesso circondano un soggetto come questo. Non siamo in una fiaba che Sciamma definisce «troppo crudele» e nemmeno in uno di quegli orfanotrofi dickensiani di atrocità. Bimbi e adulti, nel caso gli educatori, hanno un rapporto che inventano giorno dopo giorno. Anche qui nessuna enfasi straordinaria piuttosto un lavoro quotidiano che prova a restituire ai ragazzini un po’ di sicurezza.

Non esistono miracoli perché la piccola Alice a cui come spiega il capo Simon hanno fatto «cose brutte brutte» continua a stridere con la forchetta sul piatto e nasconde i suoi occhioni dietro al ciuffo di capelli biondi. Mentre Jujube mangia di tutto e Ahmed, il cui padre è in galera per una rapina, i poliziotti non li sopporta proprio anche quando sono amici come Raymond che ha preso Zucchina sotto la sia protezione.Così il futuro di questi bimbi che nessuno vuole adottare  perché sono ormai troppo grandi – come si ripetono loro stessi – non è una famiglia tradizionale ma un incontro da verificare nel tempo.

Al centro ci sono sempre loro, Courgette e gli altri, nei momenti quotidiani, nelle stanzette, nei sogni, nei desideri sotto al cielo stellato per il futuro. Le emozioni, gli imbarazzi, le confidenze, le mani che si sfiorano nel pullman. Sono bimbi nonostante tutto,  e i loro sogni sono come quelli di tanti altri  e questo film a altezza di bambino  ce li rende intensamente «veri».