Il decreto scuola dà poteri speciali ai sindaci, per velocizzare i necessari interventi di edilizia scolastica “leggera”, e riportare in sicurezza a settembre gli studenti in classe. Ma saranno sufficienti i poteri commissariali affidati ai primi cittadini, vista la complessità della situazione e il poco tempo a disposizione? Già a maggio il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, aveva lanciato l’idea di utilizzare spazi esterni, dai musei alle biblioteche, dai cinema ai teatri, per fronteggiare i problemi che gli interventi di edilizia leggera e la maggiore flessibilità didattica non potranno risolvere.

Ha visto sindaco? Nelle bozze delle linee guida del decreto si ipotizza sia la didattica all’interno degli istituti, che la didattica all’esterno. Soddisfatto?

“Sì, ma intanto speriamo di avere al più presto i fondi per gli interventi nelle scuole. Risorse certe e a sufficienza, perché siamo in ritardo. Siamo riusciti a far tornare in sicurezza i lavoratori nelle fabbriche. A far riaprire negozi, ristoranti, palestre, eccetera. Ma non le scuole, ed è stata una ferita grave. Se avessimo avuto le linee guida per gli interventi un mese fa, potevamo già essere al lavoro per adeguare le strutture. Tanto gli istituti erano chiusi, avremmo guadagnato settimane preziose”.

Al di là del fattore tempo e dei soldi a disposizione, sembra di capire che dovremo pensare anche a luoghi alternativi per la didattica. Non è così?

“Possiamo progettare interventi di adeguamento, gli spazi dentro le scuole si possono utilizzare meglio. Ma non si possono moltiplicare. Anche qui in Toscana, dove in genere abbiamo una buona edilizia scolastica, ci sono tanti istituti al limite della capienza. A Prato abbiamo 2.200 studenti al Buzzi, 1.500 al Dagomari, 1.400 al Copernico. Sono tanti. E non vorremmo sacrificare laboratori e palestre, necessari alla didattica e a un sacrosanto ritorno all’attività fisica, per recuperare nuove aule. Per questo, ed è il senso della lettera che ho inviato nei giorni scorsi alla ministra Azzolina, ho lanciato l’idea di portare gli studenti al museo di arte contemporanea Pecci. Sono ambienti idonei, con uscite di sicurezza, e tutte le protezioni necessarie per riprendere a fare didattica in presenza”.

Dall’idea del Pecci a quella di utilizzare cinema, teatri e sale convegni, magari vicini alle ‘scuole madri’, il passo è stato breve…

“Sono luoghi di cultura, in cui si può spiegare La Divina Commedia, si può interrogare a storia o scienze, insomma si può fare lezione in sicurezza e soprattutto in presenza. Perché i ragazzi devono stare in classe, per loro sono essenziali le relazioni che nascono e si sviluppano a scuola, per crescere e maturare. La didattica a distanza è stata l’estrema ratio, in un periodo di emergenza. Ma ora basta. Quindi dobbiamo allargare lo sguardo, ben sapendo che a settembre saremo in ogni caso di fronte a un anno straordinario. Di fronte al quale occorrono risposte straordinarie. Se le scuole saranno in grado di attrezzarsi nel poco tempo che avremo a disposizione, sarò il primo ad esserne felice. Ma visto che qualche perplessità ce l’ho, è stato un bene offrire la possibilità di piani alternativi”.

Nelle bozze del ministero si chiede anche più flessibilità nell’organizzazione della didattica, offrendo ai dirigenti scolastici la possibilità di dare diversi orari d’ingresso a scuola, e di passare a lezioni di più brevi. Che ne pensa ?

“Se questo vuol dire organizzare anche i doppi turni, al mattino e al pomeriggio, rispondo che tutto mi sembra preferibile alla didattica a distanza. I ragazzi e le ragazze delle superiori, ma anche quelli delle vecchie scuole medie, secondo me sono in grado di poter passare qualche ora da soli a casa. E anche le modalità della didattica sono diverse, rispetto ai più piccoli”.

Appunto, e quelli più piccoli?

“Questo sarà il vero problema, la fascia di età dai tre agli undici anni. Soprattutto loro hanno bisogno di una ‘fisicità’ che sarà possibile avere solo con il ricorso a spazi alternativi. Anche all’aperto, negli spazi verdi delle stesse scuole, se li hanno, o magari negli impianti sportivi, fin quando potremo contare sulla bella stagione. Non vorrei sembrarle fissato con questa idea, è solo che ho ben presenti i numeri della popolazione scolastica in una città di 200mila abitanti come Prato. Esclusi gli studenti delle superiori, che pure sono circa 20mila, facciamo 24mila pasti al giorni per gli under 14. Ho reso l’idea?”.