L’Europa sociale, come un’araba fenice, starebbe risorgendo dalle sue ceneri, in seguito alle devastazioni della grave crisi che scuote la Ue dal 2008? Il dramma dei rifugiati, che ha rivelato l’estensione degli egoismi europei e la mancanza di solidarietà, puo’ essere all’origine di una svolta? Qualche segno di vita di una politica sociale europea, relegata da sempre in una serie di raccomandazioni che poi gli stati della Ue possono tranquillamente ignorare, a differenza di quanto succeda per il Fiscal Compact, è venuto dal Congresso della Confederazione europea dei sindacati (Ces), che si tiene a Parigi fino a venerdi’. La presidenza semestrale lussemburghese del Consiglio Ue si vanta di averla resuscitata, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ammette che “bisogna completare la dimensione sociale europea”, anche come arma contro i populismi, e promette, per la prossima primavera, che una base di diritti sociali minimi nella Ue sarà presentata da Bruxelles. La Ces, grosso organismo che riunisce 90 organizzazioni di 39 paesi, che inevitabilmente funziona per compromessi, cerca la strada per contare di più e per farsi sentire anche nelle istituzioni europee. Sarà il compito della nuova segreteria generale, alla cui testa dovrebbe venire eletto l’italiano Luca Visentini (Uil). Al Congresso di Parigi, il 13esimo della Ces, verrà adottato un Manifesto che propone di collegare “posti di lavoro di qualità” a una crescita sostenibile, rispettosa dell’ambiente. Su questo ha insistito ieri mattina all’apertura del Congresso François Hollande, in vista della Cop21 di dicembre. Il presidente francese ha anche evocato la necessità della “solidarietà” verso i rifugiati, dimenticata in molti pesi che nel passato ne hanno tratto beneficio.

Alla Ue, la Ces chiede “l’adozione di un protocollo di progresso sociale europeo”, che dovrà avere lo stesso peso dei trattati europei, “per combattere il dumping sociale e riaffermare che i diritti fondamentali prevalgono sulle libertà economiche”. Il dumping sociale ha oggi un aspetto particolarmente grave: la situazione del lavoro dei giovani, colpiti dalla disoccupazione e dal precariato, “usati per pesare al ribasso sui salari”, ha sottolineato Susanna Camusso, segretaria Cgil, che ha partecipato al primo dibattito dedicato a “qualità del lavoro per i giovani: al di là della garanzia giovani”, assieme al ministro del lavoro lussemburghese, Nicolas Schmit e a Goda Neverauskaité, presidente del Comitato giovani. Nel mirino c’è la “garanzia giovani”, cioè l’impegno Ue di proporre a ogni persona che si affaccia sul mondo del lavoro un’occupazione, una formazione o uno stage, entro 4 mesi dal diploma. Bruxelles ha stanziato 6 miliardi per questo programma. Una cifra assolutamente insufficiente, l’Oit (Organizzazione internazionale del lavoro) ha calcolato che ne sarebbero necessari almeno 21, Camusso ha parlato di 50. Ma Susanna Camusso ha sottolineato soprattutto la distorsione di fondo del progetto “garanzia giovani”: “non è una costruzione di posti di lavoro” perché, anche se viene applicata, “restano precari”, vengono loro proposti “tirocini” a termine. Oltre ai 7 milioni di giovani Neet (Not in Education, Employment or Training) ci sono in Europa milioni di precari, stagisti, sottopagati con poche prospettive per il futuro. Susanna Camusso propone alla Ue un “piano straordinario per il lavoro dei giovani”, che sia “uguale a quello degli adulti”, perché “bisogna smettere di inviare il messaggio che si tratta di un lavoro con meno diritti, con minori possibilità di far valere le competenze”, una condizione che tocca ormai “giovani” fino ai 35 anni di età, in particolare in Italia, uno dei paesi più colpiti dalla disoccupazione giovanile, che è al 40%. Un invito a “recuperare” la promessa di Lisbona – la creazione in Europa di una società della conoscenza – abbandonando l’austerità dominante. C’è necessità di istituire in Europa delle “reti di definizione di salari che impediscano il dumping giovani-anziani e tra paesi” (si parla da tempo di salario minimo europeo, ma non ci sono passi avanti).