«Cercheremo di essere brevi, ma ci prenderemo tutto il tempo necessario» dice il ministro (contiano) Stefano Patuanelli, scegliendo una formula contraddittoria per spiegare la delicatezza del lavoro al quale si sta approcciando. Ha cominciato con i «sette saggi» il lavoro di scrittura dell’apparato regolamentare del nuovo Movimento 5 Stelle (statuto, codice etico e carta dei valori).

I quali hanno appunto già fatto sapere che il lavoro non sarà breve e che sarà caratterizzato dall’interruzione di ogni comunicazione con la stampa. Il tentativo di mettere il silenziatore al processo di pacificazione interna del M5S non impedisce di vedere le ferite che diventeranno punti di sutura.

Giuseppe Conte è in attesa, un passo di lato dopo che già da settimane si è mosso da leader de facto. Già questo potrebbe essere un segnale di ridimensionamento. Succede, ad esempio, con la travagliata vicenda della candidatura per le regionali calabresi. L’ex premier aveva dato il suo nulla osta per Maria Antonietta Ventura, poi ritiratasi per il rischio che una delle aziende di famiglia venga colpita da un’interdittiva antimafia. Di più: nei giorni dello scontro Conte aveva garantito che sarebbe andato in Calabria a fare campagna elettorale per Ventura anche «da semplice cittadino». Ieri i parlamentari grillini calabresi si sono riuniti e hanno rivendicato un candidato «politico» (ironie della cronaca) del M5S chiedendo il sostegno di tutto il centrosinistra. Difficile pensare che il leader congelato abbia ancora in mano il dossier.

I saggi hanno l’arduo compito di consegnare a Conte gli strumenti per gestire la linea politica e al tempo stesso di consentire a Grillo di esercitare la supervisione del garante. Con l’avvio delle operazioni di mediazione, pare sempre più chiaro che le prospettive sono ambivalenti. È vero che Grillo ha fatto un passo indietro, bloccando in extremis l’elezione del comitato direttivo e aprendo le trattative con un pezzo considerevole di 5 Stelle che si considerava già in libera uscita, Ma se adesso Conte dovesse decidere di rompere unilateralmente, e magari scegliere di non accettare lo statuto che verrà lui sottoposto, il M5S si troverebbe un organismo collegiale bell’e pronto in grado di gestire la transizione.

Conte sa bene che nelle ore che hanno preceduto il lodo Grillo che ha istituito l’organismo di mediazione iniziavano a comparire eletti schierati con lui che però iniziavano a nutrire dubbi sulla necessità di abbandonare la casa madre.

Nel frattempo trapelano le possibili idee di compromesso. Lo statuto potrebbe definire le materie e i casi specifici in cui il garante può chiamare gli iscritti a esprimersi, preso atto che quei «punti fermi» che Conte ha evocato dando il suo via libera alla mediazione riguardavano anche la necessità di controllare in prima persona la comunicazione del M5S. E poi l’eterna questione del tetto dei due mandati. Qui proprio nei giorni più bui della crisi erano stati gli eletti vicini a Grillo a gettare sul piatto una proposta di mediazione: consentire solo ad alcuni di candidarsi per un terzo mandato ma imporre loro di guadagnarsi la rielezione correndo nei collegi uninominali. Potrebbe funzionare, a patto che la legge elettorale resti invariata.

Infine, i parlamentari. In questi ultimi giorni hanno avuto un riconoscimento del loro peso, imponendo di fatto la riapertura delle trattative, ma poi si sono visti sfilare la possibilità concreta di incidere. Conte e Grillo hanno ovviamente cancellato la loro partecipazione alle assemblee dei gruppi. Tutto resta in mano ai magnifici sette.