L’avvertimento recapitato alle Nazioni Unite spiega molto del possibile sviluppo della campagna militare dell’Arabia Saudita in Yemen: Riyadh ha chiesto all’Onu di ritirare i propri cooperanti dalle aree sotto il controllo dei ribelli Houthi. Un appello che fa immaginare un’escalation dei raid.

Le Nazioni Unite hanno rispedito al mittente la richiesta: il responsabile degli aiuti Onu in Yemen, Stephen O’Brien, in una lettera all’ambasciatore saudita al-Mouallimi ha ribadito di voler proseguire nell’assistenza salva-vita alla popolazione.

Forse Riyadh vuole liberarsi dalle accuse sempre più frequenti di crimini commessi contro ospedali e centri di assistenza, più volte target dei raid nonostante le organizzazioni presenti abbiano comunicato le coordinate delle proprie strutture.

E così in Yemen prosegue il massacro: oltre 6.100 morti, 1.5 milioni tra rifugiati e sfollati interni, 20 milioni di persone che necessitano di aiuti immediati. Ieri l’ennesima strage: due giornalisti, il 37enne Munir al-Hakami e la moglie 30enne Suaad Hujaira, sono stati uccisi insieme ai tre figli da un bombardamento saudita a Sana’a. Entrambi lavoravano per Yemen Tv, emittente controllata dal movimento Houthi.

La capitale resta nel mirino, così come Taiz al centro e Aden a sud. Ieri la città costiera è stata teatro di un attentato perpetrato da al Qaeda, sempre più potente nel paese: 5 poliziotti sono rimasti uccisi durante un assalto contro una postazione della polizia a nord di Aden.