Tre cacicchi del sonido cumbiero contemporaneo che si conoscono dalle superiori e sperimentano insieme da una vita, hanno voluto rivivere le emozioni di un tempo. Si chiamano Los Pirañas, come i temutissimi pesci, e fagocitano nei loro suoni l’intero universo di possibilità derivante dall’incontro tra il rock e la psichedelìa anni ’60 con i generi tropicali, riconvertito in un linguaggio personale, sincretico e meticcio. Basta citare il laboratorio ritmico Ondatrópica per descrivere l’impatto di questi musicisti sull’odierna scena musicale di Bogotà, ideato (con Quantic) da Mario Galeano (basso) che rincontra qui il genio di Eblis Álvarez (chitarra trattata/electronics) dei Meridian Brothers, e Pedro Ojeda (batteria e percussioni). Ecco che il titolo del loro terzo album, Historia Natural è immediatamente rivelatore delle intenzioni e del sentimento di resistenza sonora ed estetica che anima questo formidabile trio. L’approccio è tendenzialmente rock, rumorista, atonale e i tre si superano nel trittico, Todos tenemos hogar, El venado triste, Palermo’s Grunch, una rocambolesca scorribanda surf, che si chiude con una pernacchia (reale) alla tonalità. Sposerebbe ottimamente con uno spaghetti western di Tarantino.