Chiedono di essere ricevuto dal presidente della Repubblica. Ma la lettera dei risparmiatori «vittime del salva banche» non ha i toni del cortese appello. La rabbia di chi si è visto cancellare dalla sera alla mattina l’intero valore delle obbligazioni subordinate traspare chiara nella lettera a Mattarella. «Presidente, anche ieri ha ricevuto per la seconda volta il dottor Visco e si accinge a ricevere il presidente Vegas», ricordano i risparmiatori. Non hanno gradito che il Quirinale abbia espresso in questo modo immediata solidarietà sia al vertice di Bankitalia (malgrado il governatore Visco sia stato iscritto al registro degli indagati dopo una denuncia che riguarda la popolare di Spoleto), sia al presidente della Consob – entrambi per i risparmiatori sono responsabili di mancata vigilanza. A Mattarella chiedono di essere ricevuti martedì prossimo, quando con le organizzazioni che tutelano i consumatori (Federconsumatori e Adusbef) terranno un sit-in davanti alla sede centrale della Banca d’Italia a Roma. Primo passo verso «una vera e propria manifestazione di massa a gennaio».

Secondo le associazioni i risparmiatori coinvolti sono 130mila. E non accettano la soluzione dell’arbitrato proposta dal governo. L’esecutivo ha previsto un fondo di 100 milioni per riparare solo in parte al decreto salva banche: un arbitrato dovrà stabilire quali tra quelli che hanno sottoscritto obbligazioni subordinate sono stati effettivamente frodati dalle banche. L’arbitrato sarà gestito dall’Autorità anti corruzione di Raffaele Cantone. «La stampa di regime vorrebbe far passare per avidi speculatori noi risparmiatori truffati», si legge nella lettera inviata al Quirinale. Che prosegue: «Governi ed autorità vigilanti avevano garantito che non sarebbe stato più consentito di far finire nel portafoglio dei piccoli risparmiatori titoli rischiosi od obbligazioni tossiche».
Intanto, il giorno dopo la bocciatura della mozione di sfiducia individuale contro Maria Elena Boschi, accanto ai festeggiamenti del governo si percepisce un certo imbarazzo per un passaggio dell’autodifesa della ministra alla camera. «Vorrei innanzitutto che fossero chiari i fatti: mio padre è stato eletto membro del consiglio di amministrazione di Banca Etruria nel maggio del 2014», ha detto Boschi, come si legge nel resoconto della camera dei deputati. Risulta invece, anche dai prospetti disponibili sul sito di Borsa Italiana, che il signor Pier Luigi Boschi fosse consigliere d’amministrazione della banca almeno dal dicembre 2011. Risale al 2014, invece – pochi mesi dopo che Maria Elena era diventata ministra – il passaggio da consigliere semplice a vice presidente. L’incongruenza è stata fatta notare immediatamente dai deputati di Sinistra italiana e poi dai 5 Stelle, autori anche della mozione di sfiducia. La ministra non ha risposto, ma ieri il quotidiano del Pd l’Unità ha pubblicato con evidenza l’intero testo dell’intervento della ministra in aula, ad eccezione di poche righe tra le quali quelle dove si colloca al 2014 l’ingresso del signor Pier Luigi nel cda.

Ma l’esito della giornata parlamentare di venerdì scorso potrebbe avere una ricaduta anche sulle coalizioni. Se Berlusconi non risulta aver gradito la plateale divisione di Forza Italia (che non ha partecipato al voto) con la Lega e Fratelli d’Italia (che hanno votato per la sfiducia), ieri il leghista Salvini ha negato che l’unità del centro destra traballi: «Ce la metterò tutta per unire, per accogliere, per allargare questo centro-destra. La Lega cresce ma questo non basta e conto che Forza Italia e tanti sfiduciati ci diano una mano». Dall’altra parte è stato il deputato di Sinistra Italiana Alfredo D’Attorre a rispondere agli attacchi del Pd, seguiti alla decisione della sinistra di votare per la mozione grillina. «I dirigenti Pd hanno annunciato addirittura conseguenze – ha detto D’Attorre – l’idea che il centrosinistra si possa ricostruire su una subalternità agli errori del Pd da parte della sinistra non porta evidentemente da nessuna parte».