«Una crescita aggiuntiva del prodotto interno lordo dello 0,5%, che porterà annualmente nelle tasche delle famiglie europee, in media, benefici pari a 545 euro». Questi saranno gli effetti dell’approvazione del Trattato di libero scambio (Ttip, in sigla inglese) fra Unione europea e Stati Uniti. A garantirlo è la Commissione europea, sulla base di uno studio «indipendente». Gli economisti mainstream, si sa, non sbagliano mai: e quindi non si può dubitare dell’oracolo che da Bruxelles annuncia le magnifiche sorti e progressive.

I motori della macchina propagandistica dell’organismo presieduto da José Manuel Barroso rombano alla massima potenza, perché sul piatto c’è un accordo che fa gola a molti. Ieri a Washington si è concluso il terzo round di negoziati fra l’Europa e il governo Usa. Il capo delegazione della Ue, Ignacio García Cembrero, ha insistito sugli effetti positivi che verranno dall’abbattimento dei residui vincoli doganali e da ogni «ostacolo non tariffario» che impedisce il «libero» dispiegarsi delle relazioni commerciali fra le due sponde dell’Atlantico. La traduzione di «ostacoli non tariffari» è: le leggi a tutela del lavoro e della salute, o la proprietà pubblica dei servizi (dai trasporti locali all’educazione). Bruxelles nega che il Ttip possa portare a una deregulation ulteriore dell’economia, ma non è così per Rebecca Harms, capogruppo dei Verdi al Parlamento europeo.

«Sono in pericolo non solo le norme a protezione della privacy contro i giganti di internet, ma anche gli standard comunitari a difesa di ambiente e consumatori». In un articolo sull’edizione online del quotidiano tedesco «Die Taz», Harms sottolinea il rischio che il trattato spalanchi le porte del mercato europeo a prodotti dell’industria alimentare Usa notoriamente nocivi per la salute: «i polletti al cloro sono l’esempio migliore dell’attacco ai nostri livelli di qualità».

Vita più difficile per l’agricoltura biologica del Vecchio continente, che si vedrebbe schiacciata dalla concorrenza di frutta e verdura americana: «molte aziende agricole europee – scrive l’eurodeputata tedesca – non terrebbero il passo dei competitori di oltreoceano». Oltre a presentare questo genere di problemi, il Ttip finisce per mettere in discussione la democrazia stessa. Motivo: i negoziatori vogliono che sia consentito ad un’impresa fare ricorso contro determinate leggi che contraddicano i principi sanciti dal trattato. In questo modo, «quelli che dovrebbero essere gli autentici decisori in una democrazia, e cioè i parlamenti, non hanno più alcuna voce in capitolo», denuncia Harms. A queste conclusioni è giunto anche il rapporto 2014 di Euromemorandum, diffuso in Italia attraverso il sito sbilanciamoci.info.

La trattativa Ue-Usa viene condotta nell’’assenza di trasparenza più totale. Per i deputati di Strasburgo, afferma Harms, è difficile acquisire informazioni. E ciò che si evince dalle conferenze stampa del capo delegazione europeo sono soltanto rassicurazioni e cifre mirabolanti sui vantaggi del trattato. Il prossimo round negoziale sarà a Bruxelles, in una data non ancora resa nota. Al riparo dal «disturbo» dell’opinione pubblica, tutto procede tranquillamente. E le minacce di interrompere gli incontri, agitate dopo lo scandalo dello spionaggio Usa ai danni persino della cancelliera Angela Merkel, sono già dimenticate. Il tempo dell’indignazione «d’ufficio» trascorre veloce.