Finite le utopie restano appunti zeppi di giustificazioni e treni persi, e la musica sembra adeguarsi. Nessuna spina nel fianco che ci imponga uno sguardo critico alla nostra quotidianità. Come un anticorpo al lassismo, Codec_015 (Black fading), il sesto album dei Drunken Butterfly, è un disco che ci colloca, innanzitutto, di fronte a bivi esistenziali. È un lavoro viscerale e forte, capace di esprimere la rabbia poetica dell’underground e la disillusione, ma senza scivolare in un compiaciuto, quanto servile, nichilismo. Registrato e mixato da Cristiano Santini dei Disciplinatha, e masterizzato da Giovanni Ferliga degli Aucan, si rivela una commistione fra chitarra, basso, sinth e una potente batteria che mette le radici nell’industrial degli anni ‘80.

Il produttore, Cristiano Santini, è abituato a stare contro e ora, a Bologna, gestisce il Morphing Studio (dove i DB hanno registrato) nello Zona Roveri Music Factory, un capannone adibito una metà a sala prove, studio di registrazione scuola di musica e l’altra a un club Arci per i concerti: «Il materiale che ho ascoltato quando ci siamo conosciuti era molto attinente al mio background. Ogni tanto capita quel progetto a cui ti senti affine e a cui puoi dare quel valore aggiunto che nasce dal lavorare su qualcosa che ti interessa. Già da diversi anni la scena underground italiana è estremamente di maniera, devi avere quel tipo di sound, quel taglio di capelli e i jeans con il risvoltino. I DB hanno un progetto, un sound diverso. Il disco suona molto americano, estremamente aggressivo sulle batterie e sull’elettronica, mentre mixavo pensavo ai Nine Inch Nails».

La band, con Fabrizio Baioni alla batteria, Giorgio Baioni basso e sinth, e Lorenzo Castiglioni voce e chitarra, ripercorre alcuni temi del nostro passato, come la Genova del G8, il potere e la corruzione, Pasolini, quasi a mappare le influenze nel malessere odierno.

Dice Lorenzo: «Il nostro paese è in coma vegetativo. La trasformazione avvenuta nell’ultimo decennio è drammatica, non c’è la volontà di progredire, di crescere. Contano l’immagine e il denaro, e ci lamentiamo se i ragazzini si sparano le pose su Facebook, convinti di essere in televisione». In uno scenario di talent e indolente pop italiano, i DB optano per scelte radicali, con una netta rottura col commerciale. «Maria De Filippi ha provocato più danni alla società di quanti ne abbiano fatti alcuni movimenti politici in passato. La musica deve rispecchiare i tempi che attraversa, essere provocatoria, far riflettere, scollarsi dall’omologazione. Le canzoni nascono in sala prove, con la musica intrecciata ai contenuti, dev’essere moderna e dal forte impatto emotivo, e se tutto questo significa precludersi passaggi radio e contratti discografici con le major, pazienza».

Seppure con 6 dischi alle spalle e tanti chilometri di tour, ancora vengono definiti ’giovani emergenti’: «È un termine improprio senza senso, abbiamo tutti superato da un pezzo i trenta e Codec_015 è il nostro sesto album in studio. Purtroppo in questo ambito tutto deve essere catalogato. Se firmi con una major sei mainstream, se incidi per un’etichetta indipendente sei giovane ed emergente. Piuttosto cerchiamo legami con persone che vogliono condividere un percorso di crescita artistica, dalla produzione dei dischi alla parte grafica, dall’allestimento dei live alle scelte per il merchandising. I DB sono fondamentalmente un progetto autarchico. Il passaggio alla Black Fading di Cristiano è da intendersi proprio in questo senso, la nascita di una nuova collaborazione con uno studio professionale ma soprattutto tra persone che si stimano, che hanno lo stesso approccio nei confronti della musica e, più in generale, della vita».