Mentre è in corso a Londra una grande esposizione che coinvolge tre dei più importanti musei londinesi in cui viene distribuita l’opera di Tacita Dean per soggetto – National Gallery con le nature morte, Royal Academy con i paesaggi e National Portrait Gallery con i ritratti – l’artista inglese viene omaggiata anche a Cinéma du Réel di Parigi. La celebratissima Dean (Canterbury, 1965), accomunata agli Young British Artists nell’epoca dell’esplosione del fenomeno a metà anni 90, ha nel tempo «smontato» la comunanza, attraverso una ricerca solitaria e meno sensazionalistica.

Nipote di Basil Dean che è stato il fondatore dei famosi Ealing Studios, gli studi cinematografici delle produzioni dell’età d’oro del cinema inglese, Tacita si è prodigata su film che rivelano un orientamento più riflessivo.
L’attitudine che la incalza e che, nel corso della sua quasi trentennale ricerca, si è strutturata in forma-senso è l’utilizzo di un formato cinematografico (16mm) che viene combinato con materiali di archivio, documentari, fotografie. Oltre allo sviluppo di ricorsi tematici come la memoria, la lentezza dello sguardo e la riflessione meta-cinematografica.

Le sue costanti stilistiche si sviluppano in riprese lunghe su inquadrature fisse e immobili, creando un’atmosfera meditativa incardinata a una dilatazione del tempo. Su queste scelte, apparentemente formali, Dean mette in crisi lo stereotipo filmico e pone la questione del declino dello strumento analogico e, di conseguenza, la trasformazione dell’atto del guardare il mondo. A ciò va connessa la sua capacità di traslare in immagini cinematografiche memorie storiche ispirate a eventi reali per tradurli in racconti dal carattere enigmatico.

Dean si è spesso soffermata ad analizzare i grandi protagonisti della storia dell’arte con uno sguardo obliquo. Mario Merz, Merce Cunningham, John Cage, Bas Jan Ader, Giorgio Morandi, Robert Smithson per esempio, ma anche i fenomeni naturali come in The Green Ray (ispirato a Il raggio verde di Eric Rohmer) in Amadeus sulla traversata del Canale della Manica e in Vesuvio (in un ciclo di fotografie). O ad analizzare le architetture come accade in Fernsehturm, 2001, filmato nel ristorante girevole della torre della televisione a Berlino.

Nel 2006, la Dean gira il bellissimo Kodak, realizzato nella fabbrica della Kodak nella Francia orientale, l’ultima in Europa per la produzione di pellicole 16mm. Poche settimane dopo la sua visita, la fabbrica chiuse per sempre. L’artista raccoglie e fa suoi i reperti di eventi e le testimonianze di persone prima che la loro memoria si perda nella metabolizzazione frenetica della società contemporanea. Tale metodo la distingue già nel 1996 quando inizia a lavorare a una serie di opere racchiuse sotto un unico titolo, Disappearance at Sea, storie di mare si potrebbe dire, un titolo che genera uno spazio poetico dove far confluire due scomparse.

Pur rimarcando le disparità, assimila la misteriosa scomparsa nell’Oceano Pacifico dell’artista Bas Jan Ader, nel 1975, a quella sospetta di Donald Crowhurst, un imprenditore ridotto al fallimento finanziario. Tacita traspone l’accaduto nel suo alfabeto sperimentale, ibridato tra documentazione e rappresentazione, imperniato tra tensione emotiva e sfondo concettuale e che trova, nelle pieghe delle sue meravigliose immagini, il filo dell’enigma della sparizione di Jan Bas Ader.

Non meno impregnati di raccordi concettuali sono Section Cinema (Homage to Marcel Broodthaers) e Mario Merz,entrambi del 2002, in cui cattura un momento di intimità con il grande protagonista dell’Arte Povera, girato a San Gimignano un anno prima della morte dell’artista. Nelle sei pellicole di Merce Cunningham Performs STILLNESS…del 2008 il coreografo (all’epoca novantenne) danza 4’33’’, la composizione muta di John Cage, accompagnando il silenzio dell’opera musicale con pose statiche.

Stupefacente è JG (JG Ballard, Robert Smithson and Me), del 2013, film anamorfico girato nei paesaggi salini dello Utah e della California dove Dean si era già imbarcata nel 1997 nella ricerca della mitica Spiral Jetty di Robert Smithson. Il film nasce dalla corrispondenza con Ballard riguardante le connessioni tra il suo racconto Le voci del tempo e la Spiral Jetty, realizzata nel Great Salt Lake in Utah, nel 1970.