La delegazione di Iv entra a palazzo Chigi alle 15 e il fatto stesso che Maria Elena Boschi, Davide Faraone ed Ettore Rosato arrivino di persona è una notizia che certifica l’importanza dell’incontro. Era dall’inizio della crisi che i vertici non si scostavano dalla videoconferenza. La delegazione renziana esce raggiante. «Riunione positiva. Nei prossimi giorni lavoreremo col premier per arrivare a una definizione delle priorità. Serve un grande piano shock di rilancio», sintetizza Rosato. Anche sul nodo delle regolarizzazioni il terzetto è ottimista. Poco dopo è la ministra Teresa Bellanova a pubblicare il tweet che sigla la tregua: bella foto dei riuniti e nessun accenno alle polemiche che la avevano portata a parlare di dimissioni: «Iv continuerà a lavorare per il Paese».

Palazzo Chigi confermerà in serata con una nota in cui parla di «incontro positivo», nel quale Conte «ha ribadito totale disponibilità a discutere le proposte economiche di Iv». I renziani hanno assicurato di non voler far cadere il governo. Il premier si è impegnato a varare il «piano shock» dei renziani. Ma lo scambio di promesse non basta a spiegare la tregua. Nessuno in realtà voleva forzare la mano. Non Matteo Renzi, convinto che se nella politica italiana c’è uno che vorrebbe le elezioni presto, per capitalizzare il consenso, è proprio Conte e a cui non sono certo sfuggiti i segnali degli ultimi giorni: Mattarella fa filtrare la convinzione che oltre questo governo e questa maggioranza ci siano solo le elezioni, Zingaretti, dopo giorni di silenzio, si accoda: «Se questo governo non ce la fa si va al voto». Certo, non sono davvero l’ultima parola per nessuno. Ma non sono neppure solo chiacchiere e con un premier nel momento migliore per sfidare le urne meglio non premere troppo l’acceleratore.

NEPPURE CONTE VUOLE lo scontro. Sa che l’opzione elettorale dovrebbe avere la meglio su troppe controindicazioni e che il rischio di ritrovarsi tagliato fuori con qualcun altro insediato al suo posto è alto. L’uomo, poi, ha sempre dimostrato di saper cogliere al volo i rapporti di forza e di essere lesto ad adeguarsi. Con un Movimento 5 Stelle allo sbando, un Pd che nella sostanza non è quasi mai distante dalla linea di Renzi, Confindustria all’attacco e Iv che fa da sponda al nuovo corso di Carlo Bonomi, i rapporti di forza dicono che il piccolissimo partito di Renzi ha oggi più peso del pachiderma giallo in disfacimento e persino più del Pd.

Se il vertice è andato bene è perché Italia viva esce dalla trattativa sul decreto maggio con il carniere pieno. «No alla sovietizzazione dell’Italia» aveva twittato un Renzi in vena di iperboli surreali in mattinata, alludendo all’entrata dello Stato nel capitale delle aziende salvate, secondo qualche voce anche con posti in cda. Per Confindustria, come per Iv, era un confine invalicabile. Che infatti non sarà valicato: lo Stato si limiterà al supporto esterno con incentivi, come la detassazione degli aumenti di capitale, e contributi diretti.

Lo scontro più aspro, nel braccio di ferro sul dl maggio, è stato sul reddito di emergenza. Lo ha vinto Renzi, sostenuto dal Pd. Il Rem è stato sostituito dall’obolo in due tranche da 400 o, per le famiglie numerose, 800 euro. La partita sulle regolarizzazioni è ancora aperta ma anche qui Iv non è lontana dal suo obiettivo: dovrebbe ottenere permessi di 4 mesi e senza veri ostacoli all’uso e abuso di lavoro nero per i datori di lavoro. Resta il nodo Bonafede, ma in questa situazione è molto difficile immaginare che Iv dia la spallata al governo tra poco più di 10 giorni. Anche sul fronte delle riaperture è Renzi a uscire vincente dalla trattativa.

Le messe saranno consentite già dal 18 maggio ma nella stessa data, in molte località, riapriranno anche gli esercizi che avrebbero dovuto tenere le saracinesche calate sino al primo giugno.

IL DECRETO MAGGIO sarà varato nel week-end. Quasi certamente domenica, con margini di ulteriore slittamento sino a lunedì. Non sarà «spacchettato» ma sarà seguito, informa la viceministra Castelli, da altri due dl: uno per «semplificare la burocrazia», l’altro per gli investimenti. Il «piano shock» di Renzi dovrebbe vedere la luce a quel punto e la tenuta della tregua fra Conte e Iv sarà messa alla prova lì. Nel decreto sarà certamente prorogato per tre mesi il blocco dei licenziamenti e verranno definitivamente cancellate, a partire dal 2021, le clausole di salvaguardia sull’Iva. Non sarà la ricostruzione ma ancora un intervento emergenziale. Nel quale però si è già configurato il nuovo corso di questo governo.