A Natale i cristiani d’Occidente festeggiano, quelli d’Oriente anche, ma non se ne ricorda quasi nessuno tranne qualche diretta tv da Betlemme. I cristiani del Libano, della Siria, dell’Iraq e dell’Egitto, vengono generalmente ignorati, come se il cristianesimo non fosse nato qui ma nei grandi magazzini con gli alberi di Natale americani ed europei che grondano consumismo. Per loro il regalo di quest’anno del presidente americano Donald Trump è stato trasferire l’ambasciata Usa a Gerusalemme, riconoscendola come capitale dello stato di Israele, invece di lasciarla, come raccomandano le risoluzioni dell’Onu e il buon senso, capitale delle tre religioni monoteiste.

MA ORMAI È NOTO: non c’è niente di più incomprensibile del cristianesimo americano, se non che gli evangelici sono una delle principale basi elettorali del presidente Usa. E che Israele è uno dei maggiori sostenitori del presidente, il quale per fare un favore allo stato ebraico e ai sauditi ha deciso di uscire dal trattato sul nucleare del 2015 con l’Iran di imporre nuove sanzioni a Teheran cui si debbono piegare tutti, anche gli stati europei che vorrebbero rispettare l’accordo.

Un messaggio confortante per il principe Mohammed bin Salman mandante, secondo la Cia, dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, ed esponente del quella monarchia wahabita che rappresenta una delle versioni più retrograde dell’islam che ha ispirato per decenni i jihadisti. Gli Usa, con la complicità degli europei, foraggiano di armi il peggiore nemico dei cristiani, quello che ha sostenuto insieme alle altre monarchie del Golfo gli estremisti islamici che hanno sgozzato per anni oltre ai musulmani anche i cristiani dell’Iraq e della Siria.

C’è proprio da essere fieri di essere cristiani in Occidente: con l’appoggio agli emiri e per i soldi del loro petrolio hanno contribuito ad assottigliare la già esigua minoranza dei cristiani d’Oriente.

GLI STATI UNITI hanno dato la mazzata decisiva alla presenza dei cristiani nella regione. Alla vigilia dell’attacco a Saddam Hussein nel 2003 i cristiani in Iraq erano circa 1,2 milioni, ora sono meno di 200mila, la stragrande maggioranza fuggita nel Nord, nella zona curda mentre le 86 chiese di Baghdad sono rimaste vuote.

Un tempo, quando il braccio destro di Saddam, era il cristiano Tarek Aziz, gli iracheni cristiani andavano tranquillamente a messa. Papa Giovanni Paolo II ricevette Tarek Aziz nel 2003 nel tentativo di evitare una guerra giustificata da americani e britannici dalla più devastante fake news dell’ultimo mezzo secolo: la bufala che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa, che ovviamente non furono mai trovate. Il Papa polacco, Giovanni Paolo II, contrario alla guerra, allora venne praticamente oscurato anche dalla tv di stato perché l’ordine da Washington era di dar fuori Saddam e l’Italia andò pure con un contingente a Nassiriya dove furono massacrati in uno spaventoso attentato oltre una ventina di soldati. Nel caos che seguì alla fine del regime i cristiani furono costretti alla fuga, bersaglio di gruppi jihadisti come Al Qaida, che aveva nel suo mirino oltre agli sciiti anche le minoranze religiose che bene o male erano sopravvissute con il regime precedente.

CON L’ESODO DEI CRISTIANI l’Iraq perse anche una parte della sua borghesia e di una classe dirigente che aveva contribuito a tenere in piedi il Paese anche negli anni delle sanzioni e dell’embargo, quando i bambini morivano per mancanza di medicine. La parola stabilizzazione del Medio Oriente diventa vuota e priva di significato se in questi Paesi la borghesia viene decimata da guerre e rivolte. Dopo avere occupato l’Iraq perdendo anche molti soldati gli Usa si ritirarono dal Paese con il presidente Barack Obama. Senza un vero esercito, neppure dotato di aviazione e di elicotteri, l’Iraq diventò il bersaglio dell’avanzata del Califfato: il suo capo Al Baghdadi, ancora latitante, si appoggiava ad Al Qaida e agli accordi con gli ufficiali baathisti ribelli guidati dall’ex vicepresidente Izzat Ibrahim al Douri.

Nell’estate 2014 l’Isis si impadronì di Mosul massacrando gli sciiti e le minoranze cristiane e yezide. Il premio Nobel per la pace è stato assegnato quest’anno alla yezida Nadia Murad che in qualche modo ha ricordato, per la verità molto indirettamente, che esiste ancora in Iraq una minoranza cristiana. Nessuno però scrive che se cristiani e yezidi dell’area di Mosul sono sopravvissuti questo è stato dovuto anche alle milizie sciite anti-Califfato guidate dal generale iraniano Qassem Soleimani, intervenute molto prima degli americani: l’esercito iracheno si era sbandato e sono stati i pasdaran a impedire che Al Baghadi entrasse nella capitale irachena quando ormai si era impadronito anche di Tikrit. Come del resto tutti sanno, e chi scrive ne è stato testimone, che gli Hezbollah libanesi – osteggiati dal nostro ministro degli Interni per compiacere Israele – hanno liberato dai jihadisti e dall’Isis diversi villaggi cristiani della Siria, tra cui Maloula, dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo.

IN SIRIA LA MINORANZA cristiana prima della guerra civile del 2011 era ancora forte , da Damasco a Homs ad Aleppo. Adesso anche molti cristiani siriani se ne sono andati e non hanno ancora fatto ritorno alle loro case. Anche qui l’Isis e i gruppi jihadisti hanno massacrato e distrutto le chiese insieme al patrimonio archeologico e culturale del Paese.

E anche qui la responsabilità occidentale e degli Stati uniti è pesantissima perché gli Usa, pur di far fuori il regime di Assad, hanno sostenuto la Turchia e le monarchie del Golfo come Arabia Saudita e Qatar che appoggiavano i ribelli facendoli passare davanti all’opinione pubblica internazionale per “moderati”. Un’altra eclatante bugia. Se nel 2015 non fosse intervenuta la Russia di Putin per tenere in piedi Bashar Assad probabilmente oggi in Siria non ci sarebbe più un cristiano.

A Maloula adesso stanno ricostruendo il monastero di San Sergio e Bacco e anche il santuario di Santa Tecla: secondo la tradizione cristiana un giorno Dio aprì una fessura nella montagna facendo fuggire la santa inseguita dai miscredenti che la volevano uccidere. Ora che si avvicina Natale c’è da augurarsi che si apra una minuscola feritoia anche nella coscienza dei cristiani d’Occidente per chiedersi cosa hanno fatto di buono in questi decenni per il loro fratelli d’Oriente. Auguri.