«Il mio nome è Sadek, ho 13 anni. Il mio villaggio si trova vicino al confine con il Bangladesh. Si chiama Myaw Chaung. Sono arrivato con la mia famiglia al campo di Kutupalong poche ore fa e adesso stiamo aspettando di trovare una tenda. Un luogo dove vivere. Siamo fuggiti dal Myanmar perché i militari ci hanno attaccato. Era notte quando sono arrivati. Hanno sparato un razzo nella nostra abitazione, abbiamo visto le fiamme e siamo fuggiti. Non ricordo bene, avevo paura. C’erano molte urla e lacrime. Quando mi hanno catturato stavo cercando di scappare nella foresta. Mi hanno tenuto per un giorno in una cella. Mi hanno legato le mani con una corda fissata al soffitto. Sono rimasto sospeso per diverse ore. I segni viola sul petto sono le bruciature delle sigarette che mi spegnevano addosso. Mi picchiavano con un bastone. Non cammino bene, mi hanno rotto le dita del piede. Il mio torturatore era giovane. Poteva avere la mia età. Forse era più piccolo. Una volta liberato, ho cercato la mia famiglia. Ci abbiamo messo 3 giorni di cammino per arrivare al campo profughi».