«Mi chiamo Rehana, ho 22 anni e vengo da Tula Tuli. Avevo un marito. Il suo nome era Zubar. A fine agosto è andato al mercato. Non è più tornato. Lo hanno ucciso i militari, mi hanno detto. Lo hanno ucciso e hanno bruciato il corpo. Io stavo nel villaggio con le mie due bambine. Hanno 6 e 9 anni. Il 25 agosto, o forse era il 26, i soldati e i buddisti sono arrivati. Bruciavano le case con le persone dentro. Hanno gettato nelle fiamme un ragazzino di 12 anni, l’ho visto. Chi tentava di scappare attraverso i campi veniva ucciso e buttato in una delle 5 fosse comuni ai lati del paese. Mi hanno arrestata e sono stata rinchiusa in una stanza con altre 4 donne. Ci hanno violentate per tre giorni. Una mattina mi sono svegliata e le mie compagne erano morte. Le avevano sgozzate. Quando mi hanno lasciata andare ho vagato per giorni prima di ritrovare le mie bambine. Fortunatamente una famiglia le ha accudite. Sono arrivata in Bangladesh il 7 settembre, attraversando con una barca di fortuna il Naf river».