L’ingresso immediato e sicuro di chi fugge dai conflitti, la necessità di uno stravolgimento delle politiche di accoglienza a livello comunitario, l’azzeramento delle risorse destinate alle operazioni militari/umanitarie di controllo dei confini, il completo rovesciamento delle condizioni che legano il soggiorno al lavoro, la libertà di circolazione interna allo spazio europeo.

Sono questi alcuni dei punti cardine della «Carta di Lampedusa». La sfida più importante è, però, quella che comincerà alla conclusione dei lavori sull’isola, quando questi nodi si dovranno trasformare in agenda programmatica su scala euromediterranea. Uno dei fronti più caldi su cui si misureranno movimenti ed associazioni, fin da subito, sarà quello della detenzione amministrativa. Secondo il Viminale, in Italia, ci sono 13 centri in esercizio. Quelli di Serraino Vulpitta, Brindisi, Crotone, Bologna e Gradisca sono ufficialmente chiusi in attesa di riaprire. Il Cie di Modena è stato definitivamente cancellato, mentre la struttura di Lamezia Terme (Cz) non è più operativa perché i locali non risultano idonei alla destinazione d’uso. A questi si aggiunge la recente chiusura temporanea del centro di via Corelli, a Milano.

Quelli costruiti nel 2011 a Santa Maria Capua Vetere e Palazzo San Gervaso, pur attivi, sono in attesa del completamento dei lavori di adeguamento, mentre anche per il Cie di Milo si prospetta lo stop. Tutti gli altri operano con capienza ridotta a causa dei danneggiamenti prodotti dalle rivolte.

La prima scommessa per i movimenti che si ritrovano a Lampedusa si gioca proprio intorno a questa mappa, che rappresenta il fallimento delle politiche europee in materia di immigrazione. La protesta delle bocche cucite nel Cie di ponte Galeri a Roma e le rivolte di Torino hanno riaperto la questione della chiusura dei due centri mentre a Bologna, a Gradisca e a Milano, si giocherà un’importante contesa con il Ministero, proprio lì, dove il discorso sulla non riapertura dei Cie già chiusi, ha coinvolto anche diversi enti locali.

Sul fronte dei centri per richiedenti asilo, invece, sarà il Mega Cara di Mineo al centro delle mobilitazioni; è il simbolo di un sistema di accoglienza disastroso e speculativo che, su tutto il territorio nazionale, dopo i nuovi arrivi dalla Siria e dal Corno D’Africa, rischia di gonfiare nuovamente le tasche di speculatori ed affaristi, ancora una volta, sulla pelle dei migranti.