Questa mattina alla ricreazione, mentre eravamo in cortile, è successa una cosa che non doveva accadere…. Avete capito di cosa parlo?
“Sì. Di quando A. ha dato dei pugni a E.”. “Ma E. mi aveva dato uno spintone”. “Ma tu non potevi dargli i pugni. Tu dovevi dirlo al maestro. Ma invece di dirlo gli hai dato i pugni”. “Lo so. Ho sbagliato”.

Bene, avete capito di cosa volevo parlare. Adesso chiedo a tutti tranne che ad A. di dirmi perché, secondo voi, gli ha dato dei pugni. A. ascolta tutte le risposte e poi dice la sua…
“Gli ha dato dei pugni perché E. l’ha spinta e lui si è arrabbiato moltissimo”. “Perché lui dà sempre i pugni”. “Perché non si ricordava la regola di chiamare il maestro”. “Perché voleva farsi giustizia da solo. Anche se non si può”. “Perché lui si crede il più forte e allora dà sempre i pugni”. “Però se E. non lo spingeva, lui non gli dava i pugni”.

Adesso sentiamo A. Perché hai dato i pugni? I tuoi compagni hanno indovinato?
“Un po’ sì, un po’ no…”

Immaginiamo che E. avesse dato uno spintone a una femmina, a G. Secondo voi, G. avrebbe dato un pugno a E.?
(tutti ridono, anche G.) “No, avrebbe chiamato il maestro”.

Perché?
“Perché lei è una femmina”. “Guarda che ci sono anche delle femmine che danno i pugni, veh?” “Perché lei è più piccola di E.”. “Perché E. rispetta le regole e sa che non si possono dare i pugni”. “Perché anche G, anche se lei è una femmina, voleva dargli un pugno, a E., ma dopo si è fermata e ha pensato e le è venuta in mente la regola e allora avrebbe chiamato il maestro”.

E allora perché G. ci sarebbe riuscita, secondo voi, a rispettare la regola, e invece A. non c’è riuscito?
“Forse perché A. non si ferma abbastanza a pensare”. “Perché lui è più violento”. “Perché è un maschio e i maschi pensano meno, invece le femmine pensano di più”. “Perché se i maschi picchiano, si sentono più forti e anche più furbi”. “Perché lui, forse, voleva non dargli il pugno, ma non ha fatto a tempo a fermarsi e glielo ha dato. Anche io, delle volte, non voglio fare una cosa ma dopo la faccio lo stesso e mi sbaglio”. “Forse perché A. ha una voce dentro che gli dice sempre: Dagli un pugno! Non ubbidire al maestro! Invece G. non ha quella voce”. “Forse perché A. non ha pazienza di aspettare e allora si vuole subito vendicare”. “Forse perché A. è monello e gli piace fare così, lui vuole sempre disubbidire….”

Io penso di no. Né A. né altri suoi amici che spesso usano le mani e i calci anche se non dovrebbero. Ma adesso glielo chiediamo. Dunque, A. a te piace fare il monello? Il violento? Ti piace non ubbidire al maestro o ti piacerebbe di più ubbidire?
“Non è vero che io non voglio. A me piace di più ubbidire. Solo che delle volte non ci riesco…. Non ci riesco perché…”.

Come si fa per aiutare A. e altri bambini della classe a non reagire con dei pugni ma ad avvertire il maestro? Qualcuno ha dei consigli da dare?
“Punizioni. Forse, maestro, se tu gli dai tantissime punizioni, dopo A. impara…”

Le punizioni sono fatti miei, però. Vi sto chiedendo invece un’altra cosa: voi, come amici e amiche di A. e di questi compagni di classe che non riescono a rispettare questa regola, avete consigli da dare? Come amici…
“Io gli dico che devono pensare di più”. “Per me devono pensare che a nessuno piace giocare o essere amico di un bambino violento perché nessuno vuole delle botte”. “Un consiglio è quello di calmarsi”. “Io gli direi: Non si fa così!” “Io gli direi: Se ti impegni di più a ricordare le regole, forse ci riesci anche tu”. “Io gli direi: Non è facile per te, lo so, ma almeno provaci!”