La Guardia costiera italiana ha disposto ieri il fermo amministrativo della nave Sea-Watch 3. La decisione è arrivata a seguito di un’ispezione che avrebbe evidenziato irregolarità di natura tecnica e operativa. «Ancora una volta un tentativo politico che sotto il pretesto della sicurezza cela la volontà di scoraggiare la presenza delle navi umanitarie in mare senza assicurare un dispositivo di soccorso istituzionale», ha commentato a caldo Giorgia Linardi. La portavoce dell’Ong sottolinea che gli ufficiali italiani sono saliti sulla nave prima ancora che questa fosse posta in libera pratica sanitaria. Nelle due settimane precedenti l’equipaggio era rimasto in isolamento a bordo, vicino Porto Empedocle. «Questo denota la fretta con cui il governo si è voluto accertare di impedire il ritorno della nave in mare attuando lo stesso schema già utilizzato con la Alan Kurdi», afferma l’Ong.

NEL MEDITERRANEO, al momento, non ci sono più imbarcazioni umanitarie. Open Arms e Alan Kurdi si trovano ancorate in Spagna, a Poblados Marítimos, e stanno eseguendo lavori di manutenzione per ripartire quanto prima. Aita Mari, della Ong Salvamento Marítimo Humanitario (Smh), sta raggiungendo i paesi baschi spagnoli. Il 19 giugno scorso ha ricevuto l’autorizzazione a lasciare il porto di Palermo, dopo 55 giorni di fermo, ma con l’obbligo di recarsi nella lontana destinazione. «Aita Mari arriva domani [oggi per chi legge, ndr] alle 11 a Pasalia obbligata dalle autorità italiane che hanno utilizzato in modo fraudolento la normativa di ispezione delle navi», ha scritto Smh su Facebook. Secondo l’organizzazione l’Italia agisce con «lo scopo di svuotare il Mediterraneo centrale dalle imbarcazioni di salvataggio».

LUNGO LE COSTE SICILIANE si trovano invece Ocean Viking, di Sos Mediterranée, e Mare Jonio, di Mediterranea Saving Humans. Sono in quarantena forzata, dopo i salvataggi di 180 e 43 persone. La misura di isolamento dell’equipaggio è stata imposta dalle autorità in entrambi i casi, nonostante circostanze molto diverse: tutti negativi i tamponi dei naufraghi saliti a bordo di Ocean Viking; otto positivi tra quelli recuperati da Mare Jonio.

VENTOTTO PERSONE erano invece risultate affette da Covid-19 tra le 211 salvate da Sea-Watch 3 nell’ultima missione. C’è una novità importante su questo fronte: gli 11 membri dell’equipaggio di Mediterranea e i 22 di Sea-Watch (15 donne e 7 uomini) sono tutti negativi ai tamponi effettuati al rientro. Nel primo caso il risultato del test è arrivato mercoledì. Nel secondo ieri, e si tratta del secondo tampone, quello di conferma (il primo era stato effettuato il 26 giugno). «Evidentemente i protocolli sanitari che abbiamo adottato funzionano – afferma Luca Casarini di Mediterranea – Significa che è possibile contenere il contagio e continuare a salvare le persone».

POCHE ORE DOPO la notizia del fermo amministrativo della Sea-Watch 3 l’aereo Moonbird, che appartiene alla stessa organizzazione e pattuglia il Mediterraneo dal cielo, ha avvistato una barca con circa 250 persone a bordo, a una novantina di chilometri dal villaggio libico di Abu Kammash, vicino alla frontiera con la Tunisia. «Il nostro equipaggio ha avvisato tutte le autorità e richiesto il lancio immediato di una operazione di soccorso: barconi come questo sono a estremo rischio di ribaltamento», ha twittato Sea-Watch.