Non fosse bastata la delegittimazione dello scandalo sui gettoni di presenza intascati per commissioni da trenta secondi l’una, il consiglio comunale messinese riceve un’altra di quelle bastonate che ne fanno vacillare le fondamenta.

Perché l’arresto di Paolo David, consigliere comunale di Forza Italia dopo una vita politica spesa tra Margherita e Pd (partito del quale era capogruppo fino a fine 2015), segue di appena un giorno quello di Giovanni Cocivera, consigliere non riconfermato nel 2013 che qualche anno fa aveva compiuto la trasmigrazione inversa, da capogruppo del Pdl al Pd: Cocivera è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta su aborti clandestini, sebbene non in qualità politica da consigliere comunale ma in quella professionale di ginecologo. Ironia della sorte, se Paolo David dovesse essere sospeso dalle sue funzioni di consigliere comunale, a subentrargli da primo dei non eletti sarebbe proprio Giovanni Cocivera, che tra l’altro è il promotore del ricorso (rigettato) contro l’elezione di Renato Accorinti a sindaco di Messina.

Nella stessa inchiesta che ha portato Paolo David in carcere con l’ipotesi di reato di corruzione elettorale, è incappato l’ex consigliere comunale Pippo Capurro, per vent’anni accomodato sugli scranni di palazzo Zanca, con l’infamante accusa di concorso esterno per aver “oliato” gli interessi dei clan.

Paolo David, cinquantanovenne, bancario e già venerabile della loggia massonica messinese Giuseppe Minolfi del Grande Oriente d’Italia, è arrivato in consiglio comunale per la terza volta, alle amministrative del 2013, forte di un bagaglio di 1519 voti e dei gradi di capogruppo del Pd, grazie ad una campagna elettorale da poco meno di diecimila euro, un quarto dei quali offerto come contributo da Caronte & Tourist, società di traghettamento parte delle azioni della quale è in mano a Francantonio Genovese, l’uomo al quale Paolo David ha legato i suoi destini politici. Insieme nella Margherita, Genovese da sindaco e David da consigliere neoeletto, insieme nel Pd sin dalla fondazione del partito, insieme a Forza Italia dopo la diaspora di fine 2015, quando Genovese, in aperta guerra col suo ex partito che aveva votato favorevolmente alla sua richiesta di arresto nell’ambito dell’inchiesta sulla formazione regionale, abbandonava le rive democratiche per salpare verso Forza Italia.

Cosa comportano gli arresti per la città? Niente di terribilmente nuovo, in realtà: la paralisi amministrativa è totale, il fallimento, sia esso politico, economico e sociale, è dietro l’angolo: è appena stato esitato il quinto bilancio previsionale del 2015, con un anno abbondante in ritardo sui tempi di approvazione, e per la quinta volta tra i calcoli dell’amministrazione e quelli dei revisori dei conti ci sono discrasie tali da non poterlo approvare in giunta. Passaggio dopo il quale, il documento arriverebbe in consiglio: un consiglio con le ossa rotte, con una credibilità ai minimi termini e con le spalle incurvate dal peso di una città che non riesce a risollevarsi, che si è rivelato ostile verso lla giunta Accorinti sulle faccende di amministrazione “spicciola”, ma al contrario parecchio accomodante sulle questioni “di vita o di morte”: quelle che potrebbero mandare tutti a casa, in pratica.

Tanto da far dichiarare ad Accorinti: «Siamo fuori dalla politica, ma i cittadini sono con noi. Queste accuse minano la democrazia, le istituzioni e la fiducia, e confermano purtroppo che la città resta un verminaio».