E’ bastata una di quelle sciroccate che periodicamente sferzano lo stretto per far emergere definitivamente quello che era chiaro già da tempo agli antirazzisti messinesi. La tendopoli voluta dal ministero dell’Interno e tirata su in fretta e furia dentro un campo di baseball dell’Università di Messina per fare da campo di transito e smistamento per richiedenti asilo è totalmente inadeguata a garantire un accoglienza rispettosa di una soglia minima di diritti umani. Al punto che ieri sera per protesdta i profughi hanno occupato il comune e iniziato uno sciopero della fame, sostenuti dalla solidarietà del sindaco Renato Accorinti.

Il giorno di Santo Stefano l’impianto sportivo della zona nord di Messina si è trasformato in uno stagno maleodorante con le tende fredde e umide come sempre ma rese impraticabili dal fango. Lo hanno documentato puntualmente le foto e i filmati girati dagli attivisti della Rete antirazzista messinese, anche se una squadra di tecnici dei Vigili del fuoco – negando l’evidenza – ha nuovamente rassicurato la prefettura circa l’agibilità della struttura, che a questo punto resta «l’unica soluzione possibile».

I richiedenti asilo – una nuova ondata di duecento persone provenienti per lo più dal Gambia – però non ci stanno e, supportati dalla rete di attivisti che fin dai primi giorni si è formata attorno all’emergenza, hanno iniziato uno sciopero della fame chiedendo ad Accorinti, di «continuare a fare il possibile» per superare una situazione ormai incresciosa.

La risposta del primo cittadino non si è fatta attendere. Ieri mattina in conferenza stampa ha fatto il punto della situazione insieme all’assessore alla protezione civile Filippo Cucinotta e all’esperta in mediazione sociale Clelia Marano. «La nostra soluzione è sempre quella del resort Le Dune» ha ribadito. «Siamo sempre stati a fianco dei richiedenti asilo e dell’associazionismo antirazzista nel contestare a viso aperto la tendopoli. Ma ogni altra soluzione da noi proposta è stata bocciata dal prefetto che ha sempre addotto insormontabili motivi di sicurezza. Le autorità militari e la chiesa messinese , da noi ugualmente interpellate non hanno mai risposto con proposte concrete». «Adesso comunque – ha proseguito – il residence l’abbiamo requisito e le carte sono sulle scrivanie del ministero dell’Interno. In caso di risposta negativa andrò a Roma».

La proposta di utilizzare questa struttura turistica come alternativa sempre provvisoria ma più dignitosa rispetto alla tendopoli, in verità, viaggia fra le stanze messinesi e quelle romane ormai da parecchio. La documentazione sull’idoneità del luogo, che attesta anche la correttezza della procedura che il Comune di Messina ha messo in atto per entrarne in possesso, completa di parere favorevole da parte della procura di Messina, è stata depositata al palazzo del Governo circa dieci giorni fa. Nessuna risposta è da allora pervenuta ad Accorinti da parte del Viminale.

Fino a ieri sera sono proseguite le trattative fra il Comune di Messina e il governo Letta. E’stato richiesto l’intervento della ministra dell’integrazione Cècile Kyenge e del messinese Giampiero D’Alia, ministro della Pubblica amministrazione, per esercitare sul Viminale tutte le pressioni del caso al fine di far arrivare prima possibile l’autorizzazione al trasferimento degli ospiti della tendopoli, fra i quali ci sono anche diciotto donne e tre minori «in fase di accertamento», alle «Dune».

Il sindaco ha anche invitato l’Azienda sanitaria a ispezionare l’ex campo di baseball per accertarne le reali condizioni di abitabilità e potere eventualmente procedere al suo sequestro. Ma l’allarme per le disastrose condizioni di vita all’interno del campo lo hanno intanto già lanciato gli stessi richiedenti asilo. «Ci sono solo tre bagni chimici per duecento persone», denuncia il loro portavoce Ibrahim. «Scarpe e vestiti non sono adatti alla stagione e non sono sufficienti. Senza le associazioni e i volontari saremmo ancora nelle stesse condizioni in cui siamo sbarcati». «I termini della convenzione fra ente gestore della struttura e prefettura di Messina sono totalmente disattesi» , denuncia l’Arci. «L’assistenza sanitaria e i servizi di interpretariato sono al di sotto del minimo, mentre non c’è informazione di carattere legale». «I medici si fanno vedere solo due-tre volte alla settimana e il personale dell’ente gestore ci dà lo stesso farmaco per ogni malattia».

Si tratta di un antibiotico generico accompagnato da fiale di Enterogermina che viene utilizzato anche per il raffreddore o un banale mal di pancia. Anche qui, come a Mineo, la «pocket money» viene data in sigarette o schede telefoniche e il cibo è «insufficiente». Per tutto questo i ragazzi e le ragazze non hanno intenzione di tornare nelle tende e in attesa di una risposta lo sciopero della fame continuerà a oltranza.