Breclav è una piccola cittadina al confine ceco-austriaco nel sud della Moravia. Molti degli abitanti della città e delle campagne circostanti si preparano alla vendemmia, che in questa zona fortemente vinicola dovrebbe cominciare a giorni. Ma la stazione cittadina rischia di diventare il capolinea delle speranze di una vita migliore di centinaia di migranti.

Ormai da qualche settimana, di notte, viene organizzato un presidio della polizia ceca, che perlustra i treni provenienti da Vienna e da Budapest. Proprio da una di queste retate provengono le immagini dei bambini contrassegnati dalla polizia con un numero sul braccio. Un’immagine che provoca rimandi crudeli di altri treni che passarono verso la Germania e la Polonia settanta anni fa.

Le fotografie in questione hanno però suscitato un clamore sensibilmente minore in Repubblica Ceca, dove invece prevale la paura di «un’invasione da parte dei migranti». Da inizio dell’estate infatti la Polizia informa ogni mese degli aumenti dei sans-papiers intercettati e fermati al confine. I numeri sono quadruplicati rispetto a primavera ma nel complesso rimangono piuttosto contenuti: dall’inizio dell’anno sarebbero stati trovati senza documenti meno di 2,2 mila persone. La retata del primo settembre a Breclav è una delle poche, dove il numero dei fermati ha raggiunto diverse centinaia.

In particolare sul treno per Berlino sono state fermate 214 persone, di cui 61 bambini, provenienti in maggioranza dalla Siria. «Non abbiamo verificato, se i migranti fermati avessero documenti validi per andare in altri Paesi ma sicuramente nessuno aveva un’autorizzazione valida per entrare nel nostro Paese. Noi applichiamo le nostre leggi indipendentemente dalle politiche migratorie degli altri Stati», ha sottolineato la portavoce della Polizia di Confine Tereza Rendlova con un chiaro rimando alla Germania.

Che ha sospeso Dublino per i rifugiati siriani. A questo proposito, secondo il quotidiano MfDnes, le autorità ceche avrebbe preso contatto per sapere se la Repubblica federale sia davvero disposta ad accogliere i siriani.

I tedeschi – tuttavia – sembrano preferire un’altra soluzione consistente nella ripartizione di rifugiati tra Stati membri e rafforzamento dei confini, sia quelli esterni di Schengen, sia quelli interni allo spazio comune. Il secondo punto trova a favore la stragrande maggioranza dei politici cechi. In prima fila c’è il presidente della Repubblica Milos Zeman, che ormai sembra convinto di cavalcare l’onda della paura dei migranti contro un governo considerato troppo timido. Zeman ha così sottolineato durante la sua conferenza di 31 agosto, che molti sostenitori sono come quei turisti in Thailandia, «che scattano foto alle piccole onde senza capire, che ne seguirà una più grande, che finirà per sommergerci tutti».

Queste posizioni sono in larga parte condivise sia dalla maggioranza sia dall’opposizione. A spiccare tra tutti il miliardario ministro delle finanze Andrej Babis, secondo cui dovrebbe essere addirittura la Nato a dare una mano per proteggere le frontiere esterne dello spazio Schengen.

Un po’ più soft invece il premier Bohuslav Sobotka, che è volato a Belgrado con un assegno da 10 milioni di corone (350 mila euro) destinati a rafforzare i controlli alle frontiere.

Venerdì si svolgerà a Praga il summit dei Paesi di Visegrad (oltre la Repubblica Ceca ci sarà la Slovacchia, l’Ungheria e la Polonia), che dovrebbe adottare uno statement comune contro l’idea tedesca di ripartizione dei rifugiati come fece già in giugno. Quella volta però ci fu anche il presidente francese Hollande a dare man forte al «Quartetto dell’Est». Con le recenti reprimenda di Fabius, Parigi appare però riallineata ai tedeschi.

Anche l’Austria ha dato segni di insofferenza verso i vicini a Est accusati di scarsa solidarietà. La ministra dell’interno austriaca ha persino proposta di diminuire i fondi europei ai Paesi indisposti a partecipare all’accoglienza Europa suscitando le furie dei Paesi dell’Est.

Nonostante la solidarietà di molti cittadini, che organizzano raccolta di beni per i migranti, per i governi i migranti rimangono delle vite in eccesso da respingere alle frontiere dell’Unione.