Sarà pure il burattinaio del nuovo governo, ma Berlusconi continuerà ad essere processato nella «sua»Milano. E per lui non è una bella notizia.

La Cassazione, dopo una camera di consiglio piuttosto sbrigativa, ieri ha partorito due righe che non lasciano scampo: «Rigetta la richiesta di remissione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali». Il dispositivo, che porta la firma del presidente della sesta sezione penale della Suprema corte, Giovanni De Roberto, si riferisce ai due processi Ruby e Mediaset e respinge l’istanza presentata dai legali del Cavaliere che chiedevano il trasferimento dei processi a Brescia per «legittimo sospetto». In altre parole, gli avvocati Ghedini e Longo, dopo che i parlamentari del Pdl avevano invaso il Tribunale con una carnevalata eversiva, avevano avanzato l’ipotesi che i giudici milanesi non sarebbero stati «sereni» nel giudicare il loro assistito.

Il processo Ruby, che vede Berlusconi accusato di concussione e prostituzione minorile e che proseguirà il 13 maggio, è fermo al primo grado di giudizio. Quello Mediaset, invece, per il quale è stato condannato a quattro anni – con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni – è in fase di appello. Il reato contestato è frode fiscale per presunte irregolarità nell’acquisizione dei diritti Tv.

Il processo dovrebbe riprendere l’8 maggio anche se la difesa ha già annunciato che ne chiederà la sospensione in attesa della decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione, legato al legittimo impedimento dell’ex premier, sollevato dalla presidenza del Consiglio dei ministri nei confronti dei magistrati. La Corte Costituzionale non ha ancora deciso, e dopo l’udienza del 23 aprile scorso, non si è ancora riunita. Al centro dell’intricata vicenda che ci riporta a un passato che sembra sepolto, c’è il «no» del tribunale al rinvio dell’udienza dell’1 marzo 2010, quando Berlusconi oppose il «legittimo impedimento» ad essere presente in aula perché impegnato in un consiglio dei ministri per il decreto legge anticorruzione. La riunione del Cdm venne fissata al primo marzo solo qualche giorno prima e tempestivamente comunicata ai giudici milanesi, i quali, però, si opposero al rinvio dell’udienza processuale perché la data in questione era stata inizialmente indicata dalla difesa di Berlusconi tra quelle in cui l’allora premier sarebbe stato disponibile a comparire in tribunale.

Sul processo Mediaset, il primo che potrebbe risolversi con una condanna definitiva, Berlusconi ribadisce la sua estraneità, aggiungendo questa volta una considerazione che vorrebbe essere di puro buon senso, ma nelle aule dei tribunali non funziona così: «Secondo la sentenza di primo grado avrei evaso il fisco per 3 milioni. In quello stesso periodo il mio gruppo ha versato allo stato 567 milioni. Che senso aveva una evasione di quella portata?». In ogni caso, sembra fiducioso: «Confido in una sentenza di piena assoluzione a meno che si voglia ancora una volta eliminarmi attraverso la via giudiziaria».