L’America latina celebra il 59° compleanno di Hugo Chávez. Dal Nicaragua a Cuba, dall’Ecuador alla Bolivia all’Argentina, istituzioni, sindacati e movimenti partecipano alla settimana di iniziative per ricordare l’ex presidente del Venezuela, nato il 28 luglio del ’54 e scomparso il 5 marzo di quest’anno. Le organizzazioni popolari si sono mobilitate anche nei paesi come il Cile, la Colombia, l’Honduras e il Guatemala, dove il «socialismo del XXI secolo» non è propriamente di casa.
Celebrazioni hanno avuto luogo anche a Mosca, nella strada che ha da poco il nome del «comandante» scomparso. In Russia, sempre al transito dell’aeroporto moscovita di Sheremetevo, si trova ancora l’ex consulente Cia Edward Snowden, in attesa di asilo.
La sua vicenda ha provocato il grave incidente diplomatico tra alcuni paesi europei e il presidente della Bolivia, Evo Morales, disposto a dargli asilo al pari di altri omologhi latinoamericani (Nicaragua, Venezuela e Ecuador). Morales è stato bloccato per ore a Vienna perché alcuni paesi europei gli avevano vietato lo spazio aereo. Tutta l’America latina ha protestato. E il tema della sovranità nei confronti dell’«impero» è stato al centro dei discorsi tenuti dai presidenti latinoamericani per commemorare il capo di stato scomparso, alfiere dell’indipendenza continentale.
Chávez, che il 7 ottobre del 2012 era stato rieletto con larga maggioranza per governare fino al 2019, è morto due mesi e mezzo dopo essersi sottoposto a una quarta operazione per la ricomparsa del tumore che lo affliggeva dal giugno 2011. Le celebrazioni hanno avuto inizio a Sabaneta, dove Chávez nacque da una famiglia di origini modeste. Per l’occasione, è stata presentata la biografia del presidente scomparso, Mi primera vida, scritta da Ignacio Ramonet e pubblicata da Vadell Hermanos. Adan, fratello maggiore di Chávez ha anche annunciato la nascita di un Centro studi dedicato alla memoria del «comandante». Al Cuartel de la Montana di Caracas una folla di persone ha cominciato ad affluire dalle prime ore di domenica in un continuo pellegrinaggio alla tomba di Chávez.
«Il popolo venezuelano ha stretto un patto per la vita con il progetto rivoluzionario del comandante che ora dobbiamo rafforzare», ha detto il presidente Nicolas Maduro. Eletto il 14 aprile con uno stretto margine (1,49 punti) sul rappresentante della destra, Henrique Capriles, Maduro ha compiuto i suoi primi 100 giorni di governo: un «governo di strada» per il primo presidente operaio, ha ricordato Maduro, ex autista del metro. Un governo che ha preso di petto i principali problemi del paese, come l’insicurezza (i delitti sono diminuiti del 35%) e la guerra economica dichiarata dai grandi gruppi che sostengono l’opposizione, dentro e fuori il paese. E i risultati si vedono, stando ai sondaggi che gli attribuiscono un gradimento di oltre il 60%.
Un primo test arriverà con le prossime elezioni comunali dell’8 dicembre. Intanto, Capriles – che ha contestato la vittoria di Maduro – intensifica i viaggi all’estero: dopo la Colombia, il Perù, il Cile, e la Bolivia dove incontrerà l’opposizione a Morales. E mentre Correa e Maduro si riuniscono a Caracas nel «primo gabinetto binazionale», i movimenti sociali latinoamericani e caraibici si incontrano nella città ecuadoregna di Guayaquil: per elaborare proposte e idee da presentare al prossimo vertice dell’Alba, l’Alleanza boliviariana per i popoli della nostra America, ideata da Chávez e Fidel Castro nel 2004.