L’Ogliastra non è un posto qualsiasi. Per molti motivi. Uno è che se vivi lì, tra il mare di Baunèi e i tacchi dolomitici di Ulàssai e di Urzulèi, è molto più facile campare sino a cent’anni. A Perdasdefogu, ad esempio, abitano i nove fratelli Melis: Adolfo, Concetta, Antonio, Consola, Claudina, Vitalio, Vitalia, Maria e Mafalda. Per il Guinness World Records sono il gruppo familiare più longevo del mondo. Record stabilito per la prima volta nel 2012 e poi confermato nel 2013.

«Se nel 2012 – racconta il giornalista Giacomo Mameli, che a Perdasdefogu è nato e che al suo paese ha dedicato inchieste e libri – i Melis sommavano 818 anni e 205 giorni, certificati negli uffici del Guinnes World Records e controfirmati dal direttore Jackie Angus, nel 2013 si è saliti di dieci anni. I nove fratelli al 24 giugno 2013 avevano complessivamente 828 anni e 45 giorni. Da nessun’altra parte è stato trovato un nucleo familiare così resistente».

Quando poi il verdetto del Guinness è stato confermato per la terza e per la quarta volta, nel 2014 e nel 2015, il giornalista Dan Buttner ha incluso i Melis nel suo The blue zones solution: eating and living like the world’s healthiest people («La soluzione delle zone blu: mangiare e vivere come le popolazioni più in salute del mondo»), pubblicato dalla National Geographic Society, un libro in cui racconta i segreti per diventare centenari delle famiglie più longeve del mondo, scovate da Buttner in Giappone, in Grecia, in Costarica, in California e, appunto, in Ogliastra.

17 storie ultima centaria ogliastrina

Tanto è bastato perché il popolarissimo programma della Nbc Today Health dedicasse ai Melis un approfondimento. La tv ha svelato agli americani che il segreto della famiglia ogliastrina starebbe nella dieta, a base di latte di capra, di orzo, di un particolare tipo di pane che si chiama «pane moddizzosu», di finocchietti selvatici, di fave e ceci, di pomodoro e di tisana di cardo, con dosi congrue di Cannonau, vino rosso di sostenuta gradazione alcolica. Più un portentoso «minestrone della longevità», preparato con verdure dell’orto di casa, con acqua di fonte e con la «fregula», una pasta di semola di grano duro.

Un caso non isolato

Il caso dei Melis non è isolato. L’aspettativa di vita per la gente che vive in Ogliastra è sensibilmente più alta della media nazionale. La longevità di questi inossidabili vecchietti, però, non è soltanto una questione di minestrone più o meno miracoloso.

L’alimentazione c’entra, ma secondo gli scienziati che da tempo studiano il fenomeno non è l’unica causa. Più importante è il fattore genetico. È così in questo angolo remoto della Sardegna ma anche in tutte le altre blue zones popolate di centenari, mappate e studiate in tutto il pianeta.

Perché mappate e studiate? Per fini, diciamo, di ricerca pura: definire il tracciato genetico di popolazioni che per secoli sono vissute in situazioni di isolamento geografico e che perciò hanno mantenuto un dna molto “antico” e molto individualizzato che consente di fare raffronti utili a disegnare i percorsi evolutivi di particolari gruppi umani.

Ma ci sono anche, ovviamente, fini legati alle applicazioni della genetica – e in particolare dell’ingegneria genetica – alla cura di determinate malattie. Uno dei tanti campi in cui scienza ed economia, conoscenza e profitto si intrecciano; un terreno in cui ricerca biomedica, tecnologia e business penetrano (ormai lo fanno da tempo) in territori che sino a ieri erano frontiere lontane. La vita nelle sue strutture fondamentali diventa, attraverso la ricerca e per il tramite della tecnica, disponibile ai processi di valorizzazione economica.

C’era una volta ShardDna

La notizia di questi giorni è che il dna dei sardi d’Ogliastra se l’è comprato una società inglese. «Abbiamo acquistato le informazioni genetiche di circa 13mila sardi per studiare sia l’eccezionale longevità delle comunità residenti in Ogliastra sia le caratteristiche di una popolazione genetica molto omogenea e tendenzialmente isolata»: così Tiziano Lazzaretti, chief financial officer della Tiziana Life Sciences, la società britannica di biotecnologia che nelle scorse settimane ha annunciato l’acquisto della SharDna Spa, società nata nel 2000 con capitali investiti dal presidente di Tiscali Renato Soru, all’epoca ancora lontano dalla politica.

SharDna è stata il primo gruppo italiano nel settore della mappatura genetica. Nel corso di nove anni ha acquisito informazioni sul genoma di 13 mila ogliastrini. «SharDna – spiegavano a suo tempo Soru e il suo partner nell’impresa, Mario Pirastu, direttore dell’Istituto di genetica delle popolazioni del Consiglio nazionale delle ricerche – conduce i suoi studi in un’area della Sardegna abitata da popolazioni che sono state isolate per secoli e che costituiscono, quindi, un modello ideale – in termini sia scientifici sia demografici – per l’individuazione delle cause genetiche delle malattie multifattoriali».

Un programma di ricerca senza immediati scopi di profitto, affidato alla direzione di Pirastu. Migliaia di provette con i dati del genoma degli ogliastrini sono stati accumulati e studiati.

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Nel 2009, però, Soru, nel frattempo divenuto, nel 2004, presidente della Regione Sardegna, ha deciso di vendere tutto alla Fondazione San Raffaele di don Verzé. E quando, nel 2011, la società milanese ha subito un disastroso tracollo finanziario, la SharDna è finita nel limbo della liquidazione fallimentare.

Dal quale è uscita soltanto poche settimane fa con l’annuncio di acquisto fatto da Lazzaretti, che è anche l’amministratore delegato di LonGevia Genomics Srl, la filiale italiana della Tiziana Life Sciences, fondata dall’imprenditore italiano Gabriele Cerrone e quotata alla borsa di Londra.

«Siamo consapevoli di aver acquistato una banca dati unica – ha detto Lazzaretti in un’intervista -, perché è una delle più grandi e antiche che ci siano: comprende 230mila campioni biologici prelevati da circa 13mila abitanti genealogicamente radicati nella regione dell’Ogliastra. In più, contiene documenti e dati genealogici certificati che risalgono a oltre quattrocento anni fa, integrati con i dati di genotipizzazione e cartelle cliniche. Questo potrebbe avere un potenziale scientifico molto importante che ben si integra con i nostri progetti».

Un business molto promettente

Ricerca medica per il bene dei pazienti? Non proprio. I progetti di cui parla Lazzaretti e per i quali la società londinese ha investito, nell’acquisto di SharDna, 258 mila euro hanno un fine preciso: utilizzare questi dati puri per individuare tratti genetici legati a varie malattie, per poi provare a sviluppare farmaci per combatterle da immettere sui mercati. Un business molto promettente.

Dopo il passaggio di SharDna alla società inglese, c’è stato anche un “giallo” non ancora del tutto chiarito. Quando i manager londinesi e i loro tecnici sono andati a prelevare le provette nei laboratori della SharDna a Perdasdefogu per portarle oltre Manica, di provetta non ne hanno trovata neppure una.

L’altro ieri la procura della Repubblica di Lanusei, capoluogo dell’Ogliastra, ha aperto un’inchiesta. Si è scoperto che i campioni con il dna erano stati messi al sicuro, subito dopo l’avvio della procedura di liquidazione, da Pirastu nell’ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari, dove il genetista ex partner di Soru ha continuato, dal 2011 a oggi, le sue ricerche.

Ma l’inchiesta della procura mira ad altro. I magistrati vogliono capire se in tutta questa storia siano stati rispettati i diritti dei 13 mila ogliastrini che dal 2000 al 2009 hanno donato il loro sangue a titolo volontario per gli studi sulle malattie multifattoriali. Si dovrà chiarire se quel consenso, che è stato dato prima a SharDna e poi al Cnr, sia stato acquisito dalla Tiziana Life Sciences all’atto dell’acquisto, oppure se si dovrà ottenere un nuovo sì da tutti i donatori, molti dei quali erano, al momento dei prelievi, neanche a dirlo, novantenni o ultracentenari.