Quali poteri spettano al Garante dei detenuti riguardo alle modalità di contatto con soggetti sottoposti allo speciale regime detentivo del 41 bis?

Un orientamento molto restrittivo, sostenuto ad esempio dalla magistratura di sorveglianza di Viterbo, pretende due cose. Per un verso, di distinguere i rispettivi poteri del Garante nazionale e dei Garanti territoriali: soltanto al primo spetterebbe il potere di vigilare sugli abusi commessi a danno dei detenuti in violazione dei diritti loro riconosciuti; mentre competerebbe ai secondi la più limitata funzione di assicurare che anche i carcerati possano fruire dei servizi e delle prestazioni pubbliche – come ad esempio l’assistenza sanitaria o l’istruzione – che le regioni e gli altri enti locali destinano a tutti cittadini. E, per altro verso, di assimilare i “colloqui” con i Garanti locali a quelli che i detenuti al 41 bis intrattengono, in forma non riservata, con i propri familiari o con terzi. Sicché, essendo consentito per questo tipo di detenuti un solo colloquio al mese, chi è al carcere duro dovrebbe optare tra il colloquio col Garante territoriale e quello con un congiunto!

Un diverso indirizzo, sostenuto ad esempio dal tribunale di sorveglianza di Perugia, perviene a conclusioni contrarie sulla base di argomenti assai convincenti. Si contesta intanto la differenza di funzioni tra Garante nazionale e Garanti regionali. La legge n. 10/2014, che ha istituito il ruolo del Garante nazionale a completamento della rete dei preesistenti Garanti regionali, gli ha attribuito tra l’altro il compito di coordinare le funzioni di garanzia svolte da questi ultimi: proprio il concetto di coordinamento conferma l’omologia funzionale tra i diversi Garanti. Si aggiunga che i Garanti locali, per la loro vicinanza agli istituti penitenziari siti nei diversi territori, hanno maggiore possibilità rispetto al Garante nazionale di intervenire con rapidità nelle situazioni carcerarie problematiche.

Quanto alle visite e ai colloqui con i Garanti, è indubbio che le norme dell’ordinamento penitenziario (artt.18 e 67) ne prevedono una disciplina uniforme, senza distinguere tra tipi di detenuti e tipi di Garanti. Se così è, tale disciplina deve valere anche rispetto ai detenuti in regime speciale: lo stesso art. 41 bis o.p. infatti non contiene alcuna deroga espressa agli artt. 18 e 67, né deroghe sono contenute in altre fonti di rango legislativo. Non può, dunque, non apparire arbitraria ogni interpretazione giudiziale che pretenda di introdurre limitazioni che la legge non prevede.

Ne deriva che è illegittimo includere i colloqui col Garante regionale nel numero complessivo dei colloqui mensili consentiti ai detenuti in 41 bis. Come pure è illegittimo sottoporre tali colloqui ai controlli previsti per quelli con i familiari. Piuttosto, è la stessa logica della garanzia a postulare che agli incontri con ogni tipo di Garante venga concessa la maggiore riservatezza possibile (con esclusione, quindi, della registrazione video e audio).

È  superfluo rilevare che, quanto più un regime penitenziario comporta restrizioni, tanto più deve essere assicurata la possibilità di denunciare senza timore abusi o eccessi rigoristici.

Infine, non è scontata la presunta maggiore affidabilità del Garante nazionale rispetto a quelli territoriali. Una criminalità potente può tentare di condizionare anche al di là dei confini locali. E in ogni caso, a prescindere dalla diversità delle procedure di nomina, contano davvero le qualità morali e professionali del titolare del ruolo di garanzia.

L’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia e la documentazione completa sul tema è consultabile su fuoriluogo.it