Dopo Salvini è il turno di Di Maio. Anche lui getta acqua sul fuoco dello spread e fa capire che gli impegni con l’Europa saranno rispettati. Al termine del vertice sulla manovra con Conte, Salvini, Giorgetti e i ministri degli esteri, dell’economia e degli affari europei il leader del M5S si rimangia i toni ringhiosi e sfodera un sorrisone conciliante: «La nostra manovra sarà nel segno della crescita e della stabilità. Sarà coraggiosa, rassicurerà i mercati e le famiglie. Vogliamo realizzare le misure economiche, non sfidare l’Europa sui conti». Il temuto spread, che aveva già ingranato una veloce retromarcia dopo la frenata di Salvini al termine della riunione della Lega sulla manovra di martedì, corre all’indietro e scivola a 256 punti.

CONFINDUSTRIA festeggiava già da prima del rincalzo a cinque stelle, con il presidente Boccia soddisfatto perché «le parole di Salvini fanno ben sperare al nostro mondo. Mi sembra che vadano verso una dimensione di grande responsabilità e attenzione alle regole europee». Molto meno convinto l’ex ministro dell’economia Padoan: «Confindustria è molto preoccupata e quindi si aggrappa ai segnali che sembrano mitigare le fonti di preoccupazione. Finora abbiamo avuto annunci ogni giorno diversi. Finché non ci sono i numeri non si può dire nulla».
Chi si avvicina di più alla verità tra Boccia l’ottimista e Padoan il pessimista? Impossibile dirlo con certezza ma di certo da giorni il ministro Tria e, con la dovuta discrezione, il Quirinale insistevano perché il governo si decidesse almeno a rassicurare i mercati con parole di pace e non di guerra con l’Europa. A Bruxelles la pazienza si stava esaurendo. Non solo il commissario-colomba Moscovici aveva rilevato i «toni scortesi» usati dal governo di Roma, ma proprio ieri il duro Oettinger ha inserito il governo italiano nel novero di quelli che «vogliono distruggere l’Europa».

L’IMPENNATA dello spread alla fine della settimana scorsa aveva fatto suonare ovunque l’allarme rosso, essendo il differenziale pericolosamente vicino a quella quota 300 che segna un confine varcato il quale tutto può succedere. L’abbassamento dei toni era dunque un atto quasi dovuto, in mancanza del quale si sarebbe dovuto parlare di deliberata intenzione di arrivare comunque allo scontro finale con la commissione europea.
Nel merito le cose sono però molto meno chiare. «Nella legge di bilancio devono esserci reddito di cittadinanza, superamento della Fornero e aiuti alle imprese per gli sgravi fiscali», ripete Di Maio. Salvini, che dopo il vertice della Lega aveva glissato sulla voce che più sta a cuore agli alleati, appunto il reddito, concilia: «Parlavo delle priorità della Lega. Quella è invece una battaglia degli amici del M5S e io non entro nel campo altrui. Ma sarà nella manovra». Nella riunione della Lega, inoltre, Salvini ha fissato l’asticella del deficit un po’ sopra il 2%. Di Maio, interrogato in proposito, non si pronuncia: «Non è stato oggetto della discussione». Ma è un fatto che avviare tutte le riforme, come ribadito da tutti, restando nei limiti di quell’1,6% che Tria non vorrebbe oltrepassare sembra una missione impossibile.

SENZA CONTARE il rischio che il superamento della Fornero possa costituire un problema in sé nei rapporti con l’Europa, anche indipendentemente dal livello del deficit che verrà indicato nella Nota aggiuntiva al Def il 27 settembre. Su quel capitolo, infatti, il semaforo rosso della Bce è stato formalizzato e messo nero su bianco nel bollettino pubblicato prima dell’estate. Con tanto di minaccia, appena tra le righe, di negare la flessibilità in caso di intervento sulla riforma delle pensioni. Dovendo l’Italia chiedere necessariamente nuova flessibilità per sterilizzare in deficit l’aumento dell’Iva, l’incidente è, se non certo, almeno possibile.
Prima della legge di bilancio, comunque, la maggioranza vuole approvare due misure centrali per il M5S, quelle sulle cosiddette «pensioni d’oro» e sull’anticorruzione. Su entrambi i punti le distanze tra Lega e M5S sono profonde. Sarà dunque un banco di prova per testare la solidità della maggioranza alla vigilia della manovra, ma potrebbe diventare anche un suq in cui scambiarsi cedimenti e favori.

IL CENTRODESTRA, con una certa incoerenza, italiana, dopo aver bersagliato per mesi il governo accusandolo di portare allo sfascio i conti pubblici, critica ora insiste perché la Lega rispetti il programma della destra su fisco e flat tax. Lo slittamento rivela che nel mirino di Arcore non c’è in realtà la politica economica del governo ma quella dei 5S. Su altro e ben più ambizioso piano si muove il ministro Savona, che in una delle sue rare interviste tratteggia l’ipotesi di una riforma sostanziale dell’Unione, con la Bce portata al livello delle vere banche centrali e la revisione dei parametri.