Tredici milioni di dollari di danni. È quanto chiesto, davanti all’International Centre for Settlement of Investment Disputes, per l’arbitrato internazionale che ha come oggetto del contendere la piattaforma petrolifera “Ombrina Mare”, che avrebbe dovuto sorgere, a poca distanza dalle spiagge della Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti. Il progetto è stato bloccato dalla mobilitazione ambientalista e popolare.

La società petrolifera Rockhopper, che avrebbe voluto trivellare i fondali dell’Abruzzo, nella controversia è rappresentata da King & Spalding, «uno dei più potenti studi legali internazionali (Christopher Wray, partner dello studio, sarà probabilmente scelto da Trump alla guida del Fbi)», come spiega il coordinamento nazionale No Triv. Rockhopper afferma che il mancato rilascio della concessione petrolifera “Ombrina mare” abbia violato il Trattato sulla Carta dell’Energia (Ect) e per questo pretende un risarcimento di 13 milioni.

La società Rockhopper Exploration, compagnia con interessi chiave nelle isole Falkland e nel Mediterraneo, ha avviato la procedura di arbitrato internazionale contro l’Italia in seguito alla decisione del febbraio 2016, da parte del ministero dello Sviluppo economico, «di non assegnare la concessione per l’estrazione del greggio dalla piattaforma petrolifera Ombrina Mare».

«L’Ect-  spiega Rockhopper – è entrata in vigore nel mese di aprile 1998 ed è progettata per fornire una piattaforma stabile per gli investimenti nel settore energetico. L’Italia, in quanto membro dell’Unione europea, è stata una dei firmatari fondatori». Ma in questo caso – sostiene – non ha rispettato gli accordi. I danni sarebbero stati calcolati sulla base della perdita di profitti.

Il Consiglio di Stato, sempre per quanto riguarda l’Abruzzo, ha bocciato definitivamente il permesso di ricerca «Colle dei nidi», proposto dalla Gas Plus, Medoilgas e dalla Petrorep. La sentenza è stata depositata l’altro ieri. «Il Montepulciano d’Abruzzo delle colline teramane è salvo, così come lo sono le altre coltivazioni di pregio», commenta il costituzionalista Enzo Di Salvatore, che ha assistito i Comuni che si sono opposti, con la carta bollata, all’iniziativa che interessa i centri di Sant’Omero, Nereto, Corropoli, Tortoreto, Torano Nuovo e Controguerra, centri fra Teramo e Ascoli Piceno. Il progetto, in ballo dal 2013, prevede la realizzazione di un pozzo esplorativo di 3.500 metri, per il quale le imprese proponenti hanno pagato allo Stato 5 euro al chilometro quadrato per un totale di circa 400 euro annui, visto che la concessione è di 83 chilometri quadrati. 400 euro per 83 chilometri quadrati? Tant’è…

Ma l’iniziativa è stata osteggiata da tre Comuni che hanno fatto ricorso al Tar: il 28 gennaio 2015 il permesso venne bocciato dai giudici perché non era stato «consentito alle amministrazioni locali di partecipare al procedimento». La faccenda sembrava essere archiviata ma l’Avvocatura generale dello Stato, anche contro la volontà della Regione Abruzzo, ha proposto appello al Consiglio di Stato. E lo ha perso.

Intanto sui social, supportata dai No Triv, monta la polemica contro la “Notte rosa” che dal 7 luglio prossimo e per alcuni giorni si terrà sulla riviera romagnola e che vedrà l’esibizione di vari big della canzone italiana, oltre ad una miriade di divertimenti. L’ordine è di disertare la kermesse perché quest’anno saranno pink anche le piattaforme al largo delle spiagge ravennati: il distretto Settentrionale di Eni illuminerà infatti di rosa le piattaforme Angela-Angelina e Pcw-T, poste a poche miglia dalla riva. E le proietterà, durante qualche concerto, sui maxi schermi. Trivelle d’Italia…