«Siamo di nuovo al populismo legislativo: ogni due anni sull’onda emotiva della cronaca si promettono inasprimenti di pena per combattere la corruzione. Che evidentemente non servono a nulla, visto che l’ultimo intervento risale a due anni fa con la legge Severino». L’avvocato bolzanino Beniamino Migliucci, da tre mesi presidente dell’Unione delle camere penali italiane, è quasi rassegnato.

Ha visto lo schema di ddl proposto dal governo in materia di anti-corruzione?
Sì, purtroppo ho visto. Ci risiamo: sulla prescrizione si voleva premere l’acceleratore anche dopo la sentenza Eternit, anche se non c’entrava nulla perché il problema sollevato semmai era quello della mancanza del reato di disastro ambientale. E ora l’inchiesta sulla «Mafia Capitale» solleva un’altra presunta emergenza. La corruzione non si combatte attraverso la repressione e l’aumento di pena ma facendo crescere con la politica la cultura della legalità. Anche oggi, con pene da 4 a 8 anni, si può andare in carcere. I sequestri preventivi e la confisca per equivalente sono già possibili. E già oggi i giudici possono patteggiare una pena chiedendo la restituzione del maltolto. Come d’altronde avveniva già ai tempi di Mani pulite. È populismo legislativo. L’unico risultato, magari, sarà che con una pena maggiore la corruzione costerà solo di più.

Secondo l’annunciato ddl governativo, con le pene che salgono da 4-8 a 6-10 anni la prescrizione arriva a 12 anni e mezzo. Poi sarebbe prevista la sospensione per due anni dopo il I grado e un anno dopo l’Appello. E il Ncd avrebbe bloccato anche la versione più dura che consentiva di raddoppiare la prescrizione come per i reati di mafia. Renzi ha detto agli avvocati: «Scordatevi la prescrizione come carta difensiva».
È una sciocchezza: come tutti sanno circa il 70% delle prescrizioni in Italia maturano nella fase delle indagini preliminari, dove gli avvocati non c’entrano nulla. Inoltre, dal 2005 ad oggi le prescrizioni sono dimezzate, passando da 220 mila a 130 mila circa. La causa è la ex Cirielli che ha tanti difetti ma ha portato a questi risultati. Quindi per arrivare ad azzerarle, che è un obiettivo a cui tutti i cittadini devono tendere perché la prescrizione è una sconfitta per la giustizia, la ricetta non è allungare i tempi, ma rendere ragionevolmente breve il procedimento. Perché non ci danno i dati di quanti processi per corruzione si sono prescritti? Sa perché i processi civili durano più a lungo? Perché non c’è la prescrizione. Fare in modo che il procedimento duri sine die come vorrebbe la magistratura associata, non è nell’interesse né degli imputati né delle persone offese. Per ridurre i tempi dei procedimenti ci sarebbero molti accorgimenti di carattere organizzativo, ma soprattutto il problema vero è modulare l’accesso al processo.

Come?
È corretto l’approccio che ha dato il governo sull’irrilevanza del fatto. L’obbligatorietà dell’azione penale è un feticcio. Ed è un valore costituzionale che deve essere contemperato con altri valori costituzionali come quello della ragionevole durata del processo. Si rendano poi realmente appetibili i riti alternativi. Insomma, bisogna arrivare a una riforma organica della materia.

Secondo l’accordo intergovernativo si potrebbe arrivare ad un aumento di pena solo della corruzione propria, per atti contrari a doveri di ufficio. La concussione e gli altri reati contro la pubblica amministrazione non verrebbero toccati. Non si creerebbe così uno sbilanciamento inefficace?
Il problema è proprio questo: io non sono d’accordo con chi vuole aumentare anche le altre pene per evitare disomogeneità, ma qui si mette in evidenza proprio la disorganicità dell’intervento. Proprio quest’anno il governo ha ricevuto il dossier conclusivo dei lavori della commissione presieduta da Giovanni Canzio, il presidente della Corte d’Appello di Milano, i cui risultati non sono tutti condivisibili ma almeno tentava di dare una risposta organica a questi problemi. Due anni fa la legge Severino era intervenuta sulla corruzione e sulla concussione come chiedeva l’Europa. Aumentando tra l’altro i controlli nelle Pubbliche amministrazioni e incentivando le best practice. Se neppure quella legge aveva sortito effetto, vuol dire che la cura a base di pene, repressione e carcere è sbagliata. Cambiamo cura.