«In questa terribile tragedia c’è anche un tema politico: chi controlla la situazione delle infrastrutture, chi fa le verifiche in giro per l’Italia?» è la domanda che si pone il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, dopo il crollo del ponte Morandi a Genova. La struttura era sottoposta a manutenzione, l’ultima squadra di operai aveva lasciato il sito ieri mattina alle sette.

Cosa può essere successo?
Le informazioni sono ancora parziali e davvero il primo pensiero deve andare alle vittime di quella che è una tragedia di dimensioni senza precedenti per le infrastrutture stradali nel nostro paese. Ma è incredibile che un ponte costruito cinquant’anni fa possa crollare in questo modo. Naturalmente sarà la magistratura a fare chiarezza, ma il dato di fatto è che nella tragedia di Genova è evidente che qualcosa non ha funzionato nei controlli da parte di Anas e del ministero delle Infrastrutture, e da parte della società privata, che la gestiva in concessione e che avrebbe dovuto garantire manutenzione e sicurezza attraverso le risorse (ricche) incassate dai pedaggi.

Come funziona il settore?
Nel 1999 la Società Autostrade viene privatizzata dal centrosinistra, nel 2002 le attività di concessione vengono conferite ad Autostrade per l’Italia, poi diventata Atlantia, controllata dalla famiglia Benetton. Non sono gli unici privati oggi che hanno strade in concessione e non è questo il problema. Quello che, evidentemente, non ha funzionato è il sistema dei controlli che dovrebbe mettere in campo il ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Oggi abbiamo delle conoscenze e strumentazioni tecniche che permettono di verificare la sicurezza delle rete italiana: si possono, ad esempio, individuare i problemi della struttura e di possibile degrado dei materiali, dai metalli al cemento con cui sono realizzate. Sicuramente quello che è successo a Genova non dipende dal maltempo: c’è stato un crollo strutturale di un’opera che aveva in corso alcuni interventi di manutenzione e per la quale era stata lanciata a maggio una gara per lavori di consolidamento. Ora spetterà alla magistratura verificare le responsabilità.

Da anni ci sono polemiche sulle grandi opere a Genova. In particolare, c’è chi vorrebbe investire nel progetto della Gronda di Ponente
Ho sentito il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dare la colpa all’Europa che blocca gli investimenti e da parte di alcuni esponenti politici regionali rilanciare il progetto della Gronda autostradale. Davvero questo non è il momento delle polemiche. Ma non ci sono dubbi che in questi anni tutta l’attenzione è andata sull’idea che il rilancio di Genova passi per grandi investimenti e grandi opere, quando ci troviamo in un territorio fragile che avrebbe bisogno di ben altre politiche. Ma naturalmente sono finiti nel mirino gli ambientalisti, accusati di voler bloccare il progresso a tutti i costi.

Qual è l’alternativa?
Gli interventi di messa in sicurezza del territorio e delle infrastrutture. Anche perché non saranno le autostrade a liberare Genova dal traffico ma un alternativa via ferro o nave per le merci e per le persone, come si fa in tutta Europa. Rafforzando il trasporto pubblico e pendolare, ad esempio comprando treni e autobus, e realizzando opere davvero utili. Il ministro Danilo Toninelli ha dichiarato di voler rivedere le priorità e di investire in manutenzione. Soprattutto adesso dobbiamo augurarci davvero che dia seguito a queste promesse.