Caos totale. Non ci sono altri termini per descrivere la condizione in cui si trova l’Italia dopo una giornata che ha certificato il vuoto pneumatico in cui fluttuano il sistema elettorale (di fatto inesistente), quello istituzionale (con le riforme affondate in due parole da Silvio Berlusconi) e quello politico (incapace di mettere in campo una reazione credibile). Alla fine, il Paese si trova non solo senza legge elettorale ma anche senza la minima idea di come riempire il vuoto.

La Consulta,a sorpresa, non solo ha ammesso il ricorso contro il Porcellum ma ha anche emesso la sentenza di condanna. Un verdetto tombale. Nelle stesse ore, nella commissione Affari costituzionali del senato, si consumava lo strappo all’interno del Pd, spaccato sull’istituzione di un comitato ristretto che entro gennaio dovrebbe fare ciò che la commissione non è riuscita a fare negli ultimi mesi: trovare un accordo sulla nuova legge.

I cuperliani, che avevano messo a punto la proposta con la Lega e Forza Italia, hanno votato a favore. I renziani, che non erano neppure stati avvertiti dell’intesa concordata da Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, si sono astenuti: la senatrice De Monte ha abbandonato l’aula in «totale dissenso con una scelta gravissima». Tutta la destra ha votato a favore. Sel si è astenuta. Il M5S prima è stato tentato dal voto a favore, poi, dopo l’intervento di Crimi, si è a sua volta astenuto. Conclusione: la legge elettorale resta al senato, dove è impantanata da mesi, invece di passare alla camera dove, con la procedura d’urgenza già votata e una maggioranza ben più solida, i tempi sarebbero stati infinitamente più rapidi e i risultati più certi.
Sulle possibilità di successo del comitato ristretto, neppure chi lo ha proposto e votato scommetterebbe un euro. Tra le giustificazioni della scelta figura la necessità di trovare un appiglio istituzionale per passare la palla, espletato l’ultimo tentativo di farcela da soli, alla camera. Non sfugge però che quest’«ultimo tentativo» permetterà di prendere tempo, dando così un sostanzioso aiuto a Letta che deve scavallare gennaio per essere quasi certo di raggiungere col suo governo il 2015. Ma non c’è solo questo nella decisione di trattenere la riforma al senato. Il problema centrale è che non c’è uno straccio di accordo. I partiti di centrodestra perseguono obiettivi opposti tra loro, il Pd è lacerato al suo interno e le divisioni si traducono in paralisi.

Sulla carta, ma solo su quella, le vie d’uscita ci sarebbero. La voce di un accordo Letta-Renzi-Alfano per varare il doppio turno di collegio, sistema a dir poco inefficiente ma che avvantaggerebbe Alfano nella impari competizione con il cavaliere, è smentita da palazzo Chigi, definita dai più ottimisti dei pd come «un accordo scritto sull’acqua» e negata in radice dalla rissa tra cuperliani e renziani al senato. Il Mattarellum corretto è stato accettato da Berlusconi martedì nella riunione dei gruppi parlamentari. Ma solo a parole, come dimostra la minaccia di far correre Fi da sola. Della nuova legge, in realtà, non c’è nemmeno l’ombra.
In questa situazione Letta sarà probabilmente obbligato, nel suo intervento in parlamento dell’11 dicembre, ad assumere l’impegno di procedere con un ddl governativo se anche la scadenza di fine gennaio sarà disattesa. Non sarà una scommessa ma un disperato azzardo. Reso ancor più rischioso dall’affossamento delle riforme istituzionali sancito da Berlusconi ieri: «Solo se la prima sarà quella della giustizia». Sipario.
A chiarire l’atteggiamento di Fi, del resto, bastavano i toni usati anche ieri dal decaduto: «La Consulta è un organismo politico della sinistra», «Md è polizia giudiziaria»… Ecco poi la richiesta, avanzata da Fi nella giunta per le elezioni e sostenuta dalla Lega, di non convalidare la nomina dei senatori a vita indicati da Napolitano per assenza degli «altissimi meriti» loro attribuiti. Un gesto dimostrativo, ma che rivela la scelta di dar vita a un’opposizione durissima e implica un’offensiva frontale contro il capo dello Stato. Una mossa che porta coscientemente al diapason la tensione. Grillo ci mette del suo: «Letta, i partiti e Napolitano sono illegittimi. Solo nuove camere possono varare la nuova legge».

Per un governo nato con i conclamati obiettivi di raggiungere la pacificazione tra le forze politiche, modificare celermente la legge elettorale e varare una riforma istituzionale condivisa non c’è male…