«Se per voi sono un problema dovete dirmelo in faccia», ha detto Beppe Grillo l’altra sera ai parlamentari in un impeto di quello che gli psicoanalisti definirebbero insight, uno squarcio improvviso di verità e consapevolezza della propria condizione che dice molto dello stato d’animo degli eletti nel giorno che segue la rottura con Giuseppe Conte.

LO HA FATTO, Grillo, quasi sfidandoli a rivelargli quello che molti pensano: la fase del Movimento 5 Stelle che lui rappresenta si è conclusa. Dopo settimane, se non mesi, di retorica sul cambiamento necessario, sul M5S che si rinnova e si adatta alle situazioni e sul divenire forza di governo, gli eletti si sono ritrovati davanti all’Elevato che ha sventolato la questione identitaria per eccellenza: «Giuseppe Conte non è uno di noi, solo noi sappiamo che strada abbiamo fatto per arrivare fin qui». Al di là dei motivi di dissenso, dello statuto di Conte sottolineato a penna rossa e delle divergenze sui due mandati e sul rapporto col governo, Grillo ha ficcato il M5S in un vicolo cieco perché ha scelto di tracciare un solco tra il passato e il futuro: da una parte il M5S con le sue consuetudini e i suoi riti, dall’altra il papa straniero Giuseppe Conte. Cui viene quasi attribuita la colpa di voler inventare un nuovo partito utilizzando il marchio del Movimento 5 Stelle.

ECCO PERCHÉ Conte ha deciso che il limite era stato superato. A questo punto il dubbio riguarda quale delle sue facce deciderà di mostrare. Se deve entrare in campo il Conte politico, che da presidente del consiglio ha dato prova di capacità di mediazione e di pazienza da attendista. O se deve comparire il Conte giurista, che lui stesso nei giorni del braccio di ferro con Davide Casaleggio ha presentato con queste parole: «Se faccio l’avvocato divento cattivo».

IERI NEL PRIMO pomeriggio sono andati a trovarlo alcuni dei grillini che più gli sono vicini come la vicepresidente del senato Paola Taverna, il capogruppo a Palazzo Madama Ettore Licheri e il ministro dell’agricoltura e capodelegazione nel governo Draghi Stefano Patuanelli. Hanno cercato di convincerlo a indossare i panni del mediatore.

NON È UN CASO che Licheri abbia mandato segnali distensivi ma abbia fatto riferimento ad un rinnovamento totale e non al semplice aggiornamento di cui ha parlato Grillo giovedì scorso: «Siamo dentro un confronto fisiologico, stiamo scrivendo un nuovo soggetto politico. È una bellissima cosa ma non è facile, dateci del tempo». Sono riusciti a ottenere è che il leader al momento resti in sonno, ibernato dal gelo suscitato dalle parole di Grillo. E che non parli prima di qualche giorno, forse lunedì. E una riunione tra i ministri del Movimento 5 Stelle si è trasformata in una specie di gabinetto di emergenza per cercare una via d’uscita dalla diarchia e dal muro contro muro.

PRIMA DI ALLORA, la strada strettissima di un compromesso tra il garante che pretende di avere l’ultima parola e l’ex presidente del consiglio che non ritiene di poter accettare di sentirsi sotto tutela ha un punto di forza nella gran parte dei parlamentari, che hanno messo un piede sulla soglia prima che Conte sbattesse la porta, lasciando aperto uno spiraglio attraverso il quale passano messaggi incrociati. «Beppe Grillo sarà sempre l’anima del M5S e le anime non si cancellano – dice ad esempio il senatore Alberto Airola – Proprio per questo è ora di lasciare mano libera a Giuseppe Conte. Si è già caricato un impegno enorme con il M5S, adesso è giunto il momento che ci guidi lui nel nostro percorso politico».

IL MESSAGGIO che da molti parlamentari arriva a Conte contiene l’invito a lasciar cadere le provocazioni di Grillo e assumere la carica forte del loro appoggio. Il problema, però, al di là di questioni regolamentari molto sostanziali, è anche d’immagine: come si esce da una situazione del genere senza che appaia una resa?

CIÒ CHE TUTTI sanno, lo sa soprattutto l’ex capo politico Luigi Di Maio che ha provato a mediare tra i due contendenti, è che il M5S era ingestibile mentre si attendeva l’insediamento di Conte e lo sarà ancora di più se tutto dovesse saltare a causa dell’esternazione di Grillo che non solo non è stata concordata con nessuno, ma è avvenuta a dispetto degli inviti di molti dei big ad abbassare i toni e non fare saltare il processo di riorganizzazione. «Mai come adesso serve compattezza all’interno del Movimento. Dialoghiamo con il massimo impegno e lavoriamo per unire», è l’invito di Di Maio. Sarà un fine settimana di passione. Conte forse ha già deciso, o attende difficilissimi testacoda. Quello che in diversi vogliono capire è se davvero Beppe Grillo ha scelto la strada della distruzione del suo Movimento 5 Stelle.