La Rada, il parlamento monocamerale ucraino, ha licenziato ieri una legge che istituisce una Guardia nazionale. La misura è stata proposta dal presidente dell’assemblea, nonché capo provvisorio dello stato, Oleksandr Turchynov. 262 i voti a favore, sui 330 deputati in aula.

La misura – in cantiere da giorni – è stata motivata da Turchynov come urgente, a fronte della pressione russa sulla Crimea. L’esito della consultazione di domenica nella penisola, appare scontato e le marionette di Mosca a Simferopoli hanno lavorato affinché la strada che portasse verso questa conclusione fosse sempre più rettilinea. Anche grazie all’appoggio di bande armate. Il Cremlino le ha sempre definite come forze di autodifesa, smentendo il coinvolgimento di militari russi.

Ma ieri Leonid Slutsky, presidente della commissione della Duma sull’Eurasia e sui rapporti con i russi all’estero, ha ammesso che i militari di Mosca, in Crimea, sono stati mobilitati. Al di là delle ragioni fornite da Turchynov, la creazione della Guardia nazionale ucraina va letta anche sulla base di un’esigenza fisiologica di ogni rivoluzione: l’istituzionalizzazione del nuovo ordine e la costruzione di strutture di controllo dotate di prerogative coercitive.
La Guardia nazionale potrà contare su 60amila effettivi. Numero che non passa inosservato.

Si tratterà di una struttura pesante, che verrà distribuita su ogni palmo di territorio. Chi ne farà parte? Si apre dunque un’altra questione non certo priva di significato. La guardia dovrebbe essere formata da graduati provenienti dalle accademie, da altri militari muniti di patente di lealtà nei confronti delle autorità (così ha riportato l’agenzia Ria Novosti sentendo una fonte governativa) e da coloro che, a Kiev, hanno lottato sulle barricate.
Diversi i gruppi che ci hanno messo faccia e corpo, a partire dalle forze di autodifesa di Euromaidan, organizzate da Andrei Parubiy, ora a capo del Consiglio nazionale per la difesa e la sicurezza.

Anche gli attivisti di Svoboda, la compagine parlamentare più radicale del nazionalismo ucraino, da molti bollata come neonazista, ma capace anche di incamerare tanti voti di protesta alle elezioni del 2012, si sono dati da fare. Come i miliziani di Pravyi Sektor, il movimento paramilitare, guidato da Dmitry Yarosh, che ha fornito più uomini e più linfa battagliera alla rivoluzione nazionalista.

Nei prossimi giorni, hanno annunciato le autorità, inizieranno i reclutamenti. Non è chiaro se gli esponenti di Pravyi Sektor verranno integrati nella guardia, ma a giudicare da una recente intervista rilasciata da Yarosh a Newsweek sembrerebbe proprio di sì. «Stiamo coordinando le nostre azioni con il Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa, oltre che con il comando delle forze armate. Attualmente negoziamo per dare appoggio legale alle nostre forze». Sono composte da diecimila uomini – secondo lo stesso Yarosh – tra volontari, membri della sicurezza, militari congedati e in attività.

La guardia nazionale si configura come un folto gruppo di pretoriani a disposizione e a protezione del potere centrale, ma c’è l’impressione che la sua natura sia anche quella di un esercito se non alternativo, complementare. Come ammesso da Turchynov le forze armate ucraine sono impreparate e attualmente ci sarebbero soltanto 6mila effettivi appropriatamente addestrati al combattimento. Al tempo stesso, il battesimo della guardia nazionale potrebbe riflettere una fiducia non piena nutrita dal governo nei confronti delle stesse forze armate. Resta il fatto che il nuovo corpo necessita di addestramento.

Chi glielo fornirà? Un’altra possibile interpretazione, relativa alla costituzione della guardia, sta nel fatto che il governo potrebbe coltivare l’obiettivo di schiodare dalla piazza i membri delle brigate formatesi nel corso della rivoluzione. Reclutandoli ci riuscirebbe. Dopo la caduta di Yanukovich in molti sono rimasti a presidiare il cuore di Kiev, con l’intenzione di tutelare il nuovo potere da possibili provocazioni ordite dal vecchio e tenere alta la pressione sulla squadra di Yatseniuk, in modo da indurla a non ignorare le istanze dei reduci della rivoluzione, ha riportato in questi giorni il Los Angeles Times in un articolo firmato da Carol J. Williams.
Questa presenza può iniziare sia a essere scomoda sia sotto il profilo politico, sia in termini d’immagine.

D’altronde l’esecutivo di Kiev, si può ipotizzare, manifesta il bisogno di togliere munizioni alla propaganda russa, che insiste a definire la rivoluzione di Kiev «un colpo di Stato» orchestrato da forze armate di matrice fascista.