Farla finita con la concorrenza fiscale nella Ue ed evitare le pratiche di “ottimizzazione” delle grandi multinazionali nell’area comunitaria. Con una lettera inviata al commissario agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, i ministri delle finanze di Italia, Francia e Germania chiedono alla Commissione di agire in fretta. Pier Carlo Padoan, Michel Sapin e Wolfgang Shäuble, un mese dopo le rivelazioni sul Luxleaks che hanno messo in difficoltà il nuovo presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, spingono Bruxelles ad approvare una direttiva (una legge europea) nel 2015 per impedire che si riproducano i veri e propri furti al fisco realizzati dalle multinazionali grazie a politiche accoglienti da parte di alcuni stati, veri e propri paradisi situati all’interno della Ue. “Le recenti rivelazioni su comportamenti di alcuni contribuenti e di alcuni stati hanno spostato i limiti dell’accettabile sulla concorrenza che gli stati si fanno tra loro”, scrivono i tre ministri. Padoan, Sapin e Shäuble saltano sull’occasione delle debolezza di Juncker, preso con le mani nel sacco: l’attuale presidente della Commissione è stato primo ministro del Lussemburgo dal ’95 al 2003 e a lungo ha anche assunto la carica di ministro delle finanze. Non ha potuto negare di aver costruito un paradiso fiscale in Lussemburgo, ma si è giustificato affermando che “non avevamo scelta”. Con la crisi della siderurgia, il Lussemburgo si è cosi’ riciclato per diventare un’oasi fiscale. Erano stati sottoscritti 340 accordi fiscali favorevoli, con grandi multinazionali, tra cui Fiat, Amazon, Apple, Heinz, Ikea ecc., che hanno avuto i vantaggi del tax ruling (riscrittura fiscale), meccanismo ora messo da parte in Lussemburgo. Il Lussemburgo, del resto, non è il solo stato della Ue ad aver proposto vantaggi fiscali alle grandi società, per attirare sedi sociali. E’ in compagnia di Irlanda, Olanda, della City di Londra (e della Svizzera, che non è nella Ue). Le questioni fiscali richiedono l’unanimità nella Ue, cosa che equivale al diritto di veto per i “paradisi”. Adesso le tre principali economie della Ue vogliono approfittare della debolezza di Juncker per voltare pagina. Propongono alla Commissione di lavorare in parallelo con l’Ocse, l’organizzazione delle 20 più importanti economie mondiali, che ha già proposto al G20 di Brisbane (Australia) una serie di misure per lottare contro l’evasione fiscale “legale” (cioè approvata dalle leggi di alcuni stati). Lo scambio automatico di informazioni tra amministrazioni fiscali, l’obbligo per le imprese di dichiarare i trasferimenti di attività e di profitti da un paese all’altro, la trasparenza sui beneficiari reali degli utili che si nascondono dietro i trust sono le decisioni principali suggerite. Una prima bozza potrebbe già essere presentata al prossimo Consiglio europeo del 18-19 dicembre, per arrivare alla stesura di una direttiva entro il prossimo anno (che poi dovrà venire adottata in ogni singolo paese della Ue).

L’obiettivo dei tre ministri non è solo economico. In un momento in cui il rifiuto dell’Europa cresce e alimenta il voto per i partiti di estrema destra e per i populisti, Roma, Parigi e Berlino sperano di poter rispondere all’euro-fobia con argomenti concreti, mostrando che c’è un reale impegno di trasparenza e che la Ue non è solo uno strumento in mano al grande capitale.