Aperta da oltre 10 giorni sul piano virtuale la crisi è infine tale anche di fatto. Da questo momento le cose procederanno ben più rapidamente, perché il capo dello Stato non ha alcuna intenzione di ripetere la sceneggiata della primavera 2018, la giostra delle trattative prolungate all’infinito. Le consultazioni si svolgeranno a partire da oggi pomeriggio per concludersi domani. Poi le forze politiche avranno probabilmente il week end per riflettere ma già all’inizio della prossima settimana dovrà essere chiaro se vogliono provare sul serio a dar vita a una nuova maggioranza politica.

Per provare l’impegno non basteranno le parole. Dovrà esserci un presidente incaricato, che non dovrà essere poi necessariamente il capo del governo ma sarà in compenso il punto di riferimento del Colle nella fase delle trattative. Perché anche da questo punto di vista Mattarella non intende ripetere il modello del 2018, quando il Quirinale non sapeva neppure a chi rivolgersi per sapere come stavano procedendo le cose. Vuole invece tornare alla norma dei precedenti decenni repubblicani. Anche i tempi della trattativa non potranno essere eterni: un paio di settimane, non di mesi. Se la via del governo politico non si rivelerà percorribile, il presidente sceglierà un nome per guidare il governo di garanzia, che poi, pur non ottenendo la fiducia del Parlamento, gestirà la campagna elettorale e il voto tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre.

Ma per capire davvero le quotazioni della eventuale nuova maggioranza, quella che per la gioia dei romanisti si definisce «giallorossa», sarà importante quanto le consultazioni e forse anche di più la direzione del Pd che si riunisce oggi. Nicola Zingaretti, che subisce l’ipotesi della nuova maggioranza senza apprezzarla davvero, fisserà lì i suoi paletti. Si riassumono in una parola sola: discontinuità. Il commento del segretario del Pd alle comunicazioni di Giuseppe Conte, ieri, è stato eloquente: «Quanto detto su Salvini non può che essere condiviso. Ma perché ha atteso la sfiducia per denunciarlo? Attenzione ai rischi di autoassoluzione. Qualsiasi nuova fase politica non può non partire dal riconoscimento dei limiti strutturali di quanto avvenuto in questi mesi».

Discontinuità nei contenuti, siglata dalla cancellazione dei dl Sicurezza e dei porti chiusi. Sin qui il gioco è facile, tanto più che i rilievi del presidente offrono un sicuro appiglio. Ma anche discontinuità nella composizione del governo, e le difficoltà sono qui più serie. Il Pd non può certo sostituire la Lega come se nulla fosse. Vuol dire che riproporre la presenza sia di Conte che di Di Maio è fuori discussione. Vuol dire anche che l’intera composizione del governo e l’assegnazione dei ministeri deve essere quasi completamente rivista. L’esperienza insegna che gli incidenti si verificano sempre sui nomi, mai sui programmi.

Le difficoltà non si fermano qui. Il Colle è perfettamente consapevole dell’ambiguità sulla quale viaggiano le due anime del Pd. Zingaretti, come Leu, ha in mente un governo politico di legislatura. Altre formule non servirebbero, ha detto ieri la capogruppo di Leu Loredana De Petris e il leader del Pd condivide. Non è però l’orizzonte di Renzi, che ha parlato anche ieri esplicitamente di governo istituzionale e ha utilizzato con notevole sapienza il suo intervento in aula per delineare quel progetto, ben diverso da un governo politico.

Certo, messo alle strette l’ex premier non esiterà ad adottare qualsiasi formula. Lo ha fatto già nella conferenza stampa del 13 agosto accettando in apparenza l’indicazione del segretario. Salvo poi ricominciare a parlare di governo istituzionale come se nulla fosse. E’ possibile che il Quirinale finga di non vedere la distanza tra i due diversi disegni. Ma è anche possibile che invece insista per una linea chiara, tanto più che Renzi, col rifiuto di entrare nel governo, conferma quel che i suoi ufficiali candidamente ammettono: l’intenzione di togliere l’ossigeno alla creatura nascente ben prima della scadenza della legislatura.

Ma anche sul fronte dei 5 Stelle il presidente si aspetta che venga fatta piazza pulita di ogni ambiguità. L’ennesima «proposta indecente» di Salvini, ieri, è stata respinta con nettezza. Ma non è un mistero che tra i pentastellati ci sia chi invece spera ancora in una riedizione del governo gialloverde, certo non subito ma dopo essere passati per il lavacro della crisi. Solo che una riedizione della politica dei due forni, stavolta, porterebbe dritta alle elezioni in autunno.